di Tommaso Galeotto

Annamaria Parente, nata a Napoli ma romana di adozione, è laureata in Filosofia ed ha ricoperto l’incarico di responsabile nazionale donne della Cisl. È stata eletta senatrice della Repubblica nel 2013 e poi nel 2018. Nella sua attività politica e parlamentare si è occupata di diritti delle donne, di lavoro e di contrasto alle morti sul lavoro, di tematiche sociali come il reddito di inclusione e della legge sul ‘Dopo di noi’. Da luglio del 2020 è presidente della commissione Igiene e Sanità di Palazzo Madama. Tra i provvedimenti approvati in questi due anni di cui va più fiera ci sono la legge sui defibrillatori e il Testo unico sulle malattie rare. 

Lavoro e salute. Qual è il filo rosso che lega questi due mondi e come si può tutelare questa unione?

Sanità e lavoro rappresentano un binomio inscindibile. Se c’è una cosa che il Covid ci ha insegnato è quanto sia importante tutelare la salute di tutti per far camminare economia e occupazione. Per creare posti di lavoro ed essere competitivi è necessario investire nella ‘filiera della salute’, dalla ricerca all’industria sanitaria, passando per la formazione e l’accesso alle professioni sanitarie. Bisogna mettere in piedi un sistema di orientamento per i giovani che li indirizzi a professioni di cui attualmente abbiamo bisogno. Penso alle lauree in discipline infermieristiche o in fisioterapia, magari superando il numero chiuso e dando maggiore dignità ai percorsi universitari. Analogamente è necessario sopperire anche alla carenza di medici, da quelli di famiglia agli specialisti. Nel settore sanitario assistiamo a rivolgimenti tecnologici di dimensioni epocali: dai farmaci innovativi, ai big data; dalla robotica all’intelligenza artificiale. È giusto aiutare i nostri giovani ricercatori e favorire l’umanizzazione delle cure. La sanità dunque non è solo fondamentale per l’assistenza dei nostri cittadini, ma è anche una leva importante dell’economia e un fattore di crescita dell’occupazione. Il sistema salute è inoltre quel luogo dove si sperimentano  interdisciplinarità e aiuto reciproco di professioni diverse e può diventare un esempio di buone pratiche collaborative nel lavoro.

Secondo la recente relazione della commissione d’inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia emerge che dal 2016 al 2020 gli infortuni sul lavoro sono diminuiti del 12,8%, le malattie professionali del 39,5%, ma gli infortuni mortali sono aumentati del 13,7%. Qual è l’entità del problema della sicurezza sul lavoro nel nostro paese? Come occorre intervenire sul tema degli infortuni mortali soprattutto nei lavori più a rischio?

Basta morti sul lavoro. Dobbiamo mettere fine a questa strage. In Italia ogni giorno ci sono quattro persone che escono di casa per andare a lavorare e non ne fanno più ritorno. Il contrasto agli infortuni e alle morti bianche deve essere il primo incessante impegno etico, sociale e politico della classe dirigente del nostro Paese. Le leggi sulla sicurezza sul lavoro ci sono e vanno rispettate. Servono più ispezioni e sanzioni ma soprattutto maggiore prevenzione. Bisogna usare le risorse di industria 4.0 perché le aziende possano dotarsi di ‘tecnologia predittiva’ in grado di fermare per tempo le anomalie ed evitare incidenti. Quanto alle vittime, è doveroso ricordarle con un minuto di silenzio in tutte le istituzioni e in tutti i posti di lavoro. Porterò avanti questa proposta affinché non si dimentichi il sacrificio di tanti lavoratori e lavoratrici. Ogni morte sul lavoro è una sconfitta per tutti noi.

Purtroppo, sempre più nei tempi moderni, oltre a morire sul lavoro si muore anche di lavoro. Cosa occorre fare per rinforzare un senso di sostenibilità del lavoro e dei suoi carichi sulla salute psico-fisica delle persone?

La salute psico-fisica del lavoratore deve essere messa al primo posto. Ciascun datore di lavoro deve garantire il benessere dei propri dipendenti, partendo dal rispetto dei loro diritti, dalla prevenzione delle malattie professionali e dall’ambiente. Ogni luogo di lavoro deve essere un posto dove si fa ‘educazione alla salute’, che dovrebbe anche diventare, a mio avviso, materia di insegnamento nelle scuole e nelle Università. La brutta esperienza del Covid ci ha ricordato che la nostra salute dipende anche da quella degli altri. Bisogna combattere inoltre lo sfruttamento, e per farlo veramente è necessario intervenire sul precariato. Il ‘lavoro povero’ infatti mina le certezze ma anche lo stato di salute del dipendente che, pur di non perdere il lavoro, sempre più spesso è costretto a sopportare ritmi di lavoro insostenibili.

La salute e la sicurezza del lavoro passano anche dal contrasto al lavoro nero e al caporalato che lascia le persone che ne sono vittima senza alcun tipo di tutela e dignità. Come si stanno muovendo le istituzioni su questo punto? Come è orientata l’agenda Draghi?

Il contrasto al lavoro nero è una questione centrale e rientra tra gli obiettivi del Pnrr. È previsto un Piano nazionale di lotta al lavoro sommerso e a tal fine il ministero del Lavoro ha già costituito un apposito tavolo tecnico per la sua approvazione. Quest’ultimo avrà tempo fino al 15 ottobre per elaborare il Piano che dovrà poi essere adottato entro la fine del 2022, con un apposito decreto ministeriale. Ora, questo lavoro non dovrebbe fermarsi con la crisi di governo in quanto collegato alle risorse del Pnrr. Ma mi corre l’obbligo di sottolineare come questo stop repentino della legislatura abbia fatto emergere l’irresponsabilità delle forze politiche che lo hanno provocato perché a rimetterci in questa situazione saranno i più deboli.

Da ultimo, il tema della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro passa anche dalla capacità delle aziende di promuovere il benessere dei propri lavoratori con la conciliazione vita-lavoro, lo smart working, l’assistenza sanitaria integrativa e tanto altro. Che ruolo gioca e può giocare la contrattazione collettiva su questo punto anche attraverso strumenti di welfare aziendale e protocolli?

È necessario un cambio di passo nell’organizzazione del lavoro. Lavorare in smart working, alternando tra attività da remoto e quella in presenza, permette non solo di conciliare meglio tempi di vita e lavoro e di smaltire il traffico nelle grandi città ma anche di migliorare la produttività, come molte aziende stanno già sperimentando. Per fare questo però bisogna ritornare allo spirito e alla lettera della legge 81 del 2017, prevedendo l’accordo individuale e una contrattazione aziendale e territoriale tra le parti. Penso inoltre che la sanità integrativa possa avere un ruolo fondamentale nella promozione della salute delle lavoratrici e dei lavoratori, contribuendo ad aiutare e sostenere il Sistema sanitario nazionale. Infatti, se si aiutano le persone a star meglio, allo stesso tempo si permette di risparmiare sulle cure. Oggi più che mai, come aveva auspicato il premier Draghi, servirebbe un Patto sociale tra governo, sindacati e imprese. E in questo  Patto sarebbe fondamentale anche sostenere e agevolare sempre di più la contrattazione di secondo livello dove gli strumenti di welfare aziendale e territoriale ci aiutano a prendere in carico le principali esigenze del nostro tempo: natalità, cura degli anziani, integrazione delle persone provenienti da altri Paesi e la conciliazione del lavoro con la famiglia.