di Rosalba Famà
 
A pochi giorni dal dilagare della pandemia, Papa Francesco, al termine della benedizione Urbi et Orbi del 12 aprile 2020, lanciava una provocazione a tutta l’Europa: «oggi l’Unione Europea ha di fronte a sé una sfida epocale, dalla quale dipenderà non solo il suo futuro, ma quello del mondo intero. Non si perda l’occasione di dare ulteriore prova di solidarietà, anche ricorrendo a soluzioni innovative […] L’alternativa è solo l’egoismo degli interessi particolari e la tentazione di un ritorno al passato, con il rischio di mettere a dura prova la convivenza pacifica e lo sviluppo delle prossime generazioni». Ammoniva «non è questo il tempo delle divisioni».
 
A quasi un anno da quelle potenti parole, pronunciate in mondovisione in una San Pietro deserta, la sfida sembra essere stata accolta dall’UE, sebbene il cammino del Next Generation EU, il programma europeo per la ripresa e resilienza, sia tutt’altro che semplice. L’obiettivo del programma è complesso: accelerare la ripresa economica mediante massicci investimenti pubblici realizzati con finanziamenti europei. Questi ultimi verranno erogati sotto forma di prestiti o sovvenzioni a fondo perduto attraverso programmi europei individuati nel Regolamento che istituisce lo ‘Strumento di ripresa e resilienza’, e definitivamente attribuiti solo a condizione che gli Stati membri realizzino riforme strutturali necessarie ad accompagnare la crescita economica.
 
Le riforme dovranno essere illustrate nei Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza (PNRR), la cui presentazione era prevista entro fine aprile, e che verranno approvati dalla Commissione europea e dal Consiglio ove rispondenti alle Raccomandazioni per Paese[1].
 
L’Unione europea diventerà uno dei più grandi emittenti di obbligazioni sul panorama finanziario mondiale, garantendo il rimborso del debito contratto. Il programma Next Generation rappresenta una misura senza precedenti[2], frutto di una nuova convergenza fra i Paesi europei legata all’emergenza e che, probabilmente, mai sarebbe stata adottata se il Regno Unito fosse stato ancora Membro dell’UE, richiedendo l’unanimità. La Commissione europea avrà un potere temporaneo e straordinario, conferito al solo scopo di fronteggiare le conseguenze della crisi di Covid-19, ma con ricadute a lungo termine se si ha conto del “legame” che si istaurerà tra gli Stati europei. Il rimborso integrale del debito dovrà avvenire, infatti, entro il 31 dicembre 2058.
 
Il ricorso a questo strumento straordinario fa emergere il tema della garanzia del debito comune. Il bilancio europeo, al momento, è alimentato da tre principali fonti: i dazi sulle importazioni dai Paesi terzi (non europei); una quota parte del gettito IVA dei singoli Paesi membri; i contributi di ciascuno Stato in proporzione al reddito nazionale lordo (RNL)[3]. A fronte degli obiettivi e delle necessità che il piano richiede, in via del tutto straordinaria, la ‘Decisione sulle risorse proprie’ prevede anche un aumento dello 0,6 % dei contributi dei Paesi membri. Tale misura ha la finalità di determinare un ‘margine’ in grado di consentire all’Unione di fronteggiare i propri obblighi finanziari, assicurandosi altresì un rating a tripla A. A questo aspetto di aggiunge, inoltre, che la Commissione, in base alla “Decisione sulle risorse proprie”, avrà il potere di chiedere a ciascuno Stato Membro di fornire in via provvisoria le risorse necessarie per far fronte ai bisogni di tesoreria dell’UE qualora non fossero sufficienti a ripagare gli investitori[4]. Data la rilevanza di queste innovazioni, in ciascuno Stato Membro è in corso un processo di ratifica della ‘Decisione sulle risorse proprie’, nel rispetto delle procedure costituzionali interne, similmente a quanto avviene per la modifica dei Trattati istitutivi dell’Unione. Tale decisione, infatti, codifica l’impegno dei singoli Stati verso il debito comune. Per la sua portata il programma europeo è una prova di solidarietà senza precedenti, che realizza i valori fondanti dell’Unione.
 
Tuttavia, la strada del Recovery è ancora in salita, se si pensa che 17 Stati– tra cui l’Italia – su 27 hanno ratificato la ‘Decisione sulle Risorse Proprie’. Già a giugno 2020, la Commissione Costituzionale Finlandese aveva evidenziato tre punti critici del piano europeo: le nuove misure comporteranno una responsabilità finanziaria per ciascun Paese membro; la sovranità di bilancio dei singoli Paesi sarà limitata per un prolungato lasso di tempo, fino al 2058; infine, il rapporto tra l’Unione e i suoi Stati membri potrebbe modificarsi in modo radicale. Per tali ragioni, la Commissione Finlandese ha richiesto che il Parlamento la approvi con una maggioranza di due terzi, aprendo ad una possibile crisi del Governo in carica.
 
Sulla stessa scia, in Germania, dopo l’approvazione del Parlamento della ‘Decisione sulle Risorse Proprie’, alcuni cittadini hanno tentato di sospenderne l’iter legislativo, proponendo un ricorso costituzionale[5]. Tra questi figura il fondatore di AFD[6] Lucke (oggi fuoriuscito). In un articolo del Financial Times si legge che, secondo Lucke, la ‘Decisione sulle Risorse proprie’ porterebbe all’Unione fiscale europea e violerebbe, così, la Costituzione tedesca per via delle conseguenti limitazioni alla sovranità di bilancio del Parlamento tedesco. Come noto, la Corte Costituzionale tedesca ha respinto la richiesta di sospensione della ratifica, escludendo alla luce di un primo esame la violazione della legge costituzionale. Tuttavia, non è da escludere che ulteriori azioni sulla legittimità del piano europeo possano essere intraprese in futuro dinnanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
 
Nonostante i ritardi nella ratifica della “Decisioni sulle Risorse Proprie”, con conseguente rallentamento degli esborsi ai Paesi, l’annuncio del Recovery ha già prodotto effetti positivi in termini di stabilizzazione dell’economia europea. Prova ne è che anche i Paesi a più alto debito sono riusciti a riallocare i propri titoli decennali e alcuni Stati, tra cui l’Italia, sono passati da un outlook negativo a uno stabile[7], nonostante la crisi senza precedenti[8], con una generale stabilizzazione di tutta l’area Euro.
 
La realizzazione del piano europeo per la ripresa e resilienza ruoterà attorno alla parola fiducia. Fiducia non solo tra gli Stati membri, ma anche tra i popoli europei che, nel rispetto delle loro diversità irrinunciabili, condividono un destino comune.
 
Il Recovery offre all’Italia l’opportunità irripetibile di una ricostruzione, al pari di quella sperimentata al termine della Seconda guerra mondiale. Il nostro Paese ha l’occasione di sfruttare al massimo il “Piano Marshall europeo”, spingendo l’acceleratore sulle riforme da anni in cantiere, dalla Giustizia Civile alla Pubblica Amministrazione, che saranno conditio sine qua non per ricevere l’esborso dei fondi comunitari. Al contempo, sarà necessario migliorare le capacità di spesa dei fondi europei, oggi molto scarsa, sia per la burocrazia, sia per il non sempre chiaro riparto di competenze tra Stato e Regioni, sia per la mancanza di competenze specializzate. È il tempo di investire sulle competenze necessarie per fronteggiare l’oggi, di cui i giovani sanno essere interpreti, liberare il Paese dai cavilli burocratici che bloccano i grandi progetti e lasciar scorrere l’energia intrappolata nel Paese. Al contempo, il Recovery segna un punto di non ritorno nella storia dell’Unione europea, la cui governance resta una pagina nuova da scrivere.
 
Anche il Presidente Mattarella, nel suo discorso di fine anno, ha avuto occasione di ribadirlo «L’Unione europea è stata capace di compiere un balzo in avanti. Ha prevalso l’Unione dei valori comuni e dei cittadini. Non era scontato». Ora sta a noi cogliere quest’opportunità.
 
 
 
[1] Si tratta di documenti predisposti ogni anno dalla Commissione nell’ambito del “Semestre europeo” in cui sono indicati gli interventi strutturali che i singoli Paesi dovrebbero porre in essere per accompagnare la crescita, ne è un esempio la riforma della giustizia civile.
 
[2] Si può rinvenire una forma embrionale di indebitamento comune solo durante la crisi petrolifera degli anni ’70.
 
[3] Nelle Conclusioni del Consiglio europeo del 21 luglio 2020 si fa riferimento alla possibilità che l’Unione possa adottare nuove tasse per dotarsi di nuove risorse, come ad esempio la “Plastic Tax”, la “Digital Tax” e il “Carbon Border Adjustment Mechanism”.
 
[4] Articolo 9 paragrafo 4 della Decisioni sulle Risorse Proprie il quale prevede Fatto salvo l’articolo 14, paragrafo 4, secondo comma, del regolamento (UE, Euratom) n. 609/2014, la Commissione può chiedere agli Stati membri di fornire in via provvisoria la differenza tra le attività complessive e i bisogni di tesoreria proporzionalmente alla previsione delle entrate del bilancio di ciascuno Stato membro. La Commissione annuncia tali attivazioni agli Stati membri con debito anticipo. La Commissione istituirà un dialogo strutturato con gli uffici nazionali di gestione del debito e le tesorerie nazionali per quanto riguarda ai suoi calendari delle emissioni e dei rimborsi.
 
[5] Si tratta di una procedura che consente a ciascun cittadino di adire direttamente la Corte Costituzionale ove ritenga leso un proprio diritto fondamentale, nota come Verfassungsbeschwerde.
 
[6] Si tratta del partito tedesco di destra Alternative fur Deutschland (Alternativa per la Germania) noto per posizioni nazionaliste e populiste.
 
[7] S&P Global Ratings, Research Update: Italy Outlook Revised to Stable from Negative.
 
[8] Daniel Gros, ‘Europe and the Covid-19 Crisis. The challenges ahead’ CEPS Policy Insights. No. 2020-20, Settembre 2020, 6.