di Maria Nicola Buonocore
Dopo quasi dieci anni di lotte intestine, sembra che in Libia si sia raggiunta una certa stabilità politica, grazie al nuovo Consiglio Presidenziale, con a capo Mohammed Menfi, e al nuovo Primo Ministro, Abdul-Hamid Dbeibah, che guideranno il Paese alle prossime elezioni del 24 dicembre 2021.
L’Italia, partner strategico di Tripoli, ha sempre mantenuto, nel corso degli anni di conflitto, un profilo piuttosto basso a livello internazionale, senza però risparmiare sforzi per il raggiungimento della stabilità politica, dati anche i numerosi interessi che legano i due Paesi. Da gennaio scorso, un mese prima dell’elezione di Menfi e Dbeibah, l’Italia ha riacceso le luci sul dossier libico. Molteplici sono gli obiettivi che animano questa fase storica: cooperazione economica, energetica, diplomatica, e la necessità di garantire la stabilità faticosamente raggiunta.
L’Italia, in questo scenario gioca un ruolo cruciale per l’equilibrio raggiunto in questa delicatissima fase del processo di riconciliazione e tutti a livello globale ne sono consapevoli. Ciò trova dimostrazione nel fatto che il primo rappresentante di un Paese UE a recarsi in Libia sia stato il Ministro degli Esteri italiano, Luigi di Maio, e che la prima visita ufficiale estera del Presidente del Consiglio italiano, Mario Draghi, si sia svolta proprio a Tripoli, il 6 aprile.
Vari sono stati gli argomenti al centro dei diversi colloqui, tra cui in primo piano, l’irrobustimento della cooperazione economica. I rapporti economici ed energetici, di fatto, si sono mantenuti anche durante le fasi del conflitto – si pensi che Eni ha continuato ad operare anche durante la guerra. Con la fine dei conflitti armati e la nascita del nuovo governo, pertanto, è divenuto importante rafforzare la già presente cooperazione. A marzo, l’Ambasciatore italiano a Tripoli, Giuseppe Buccino Grimaldi, aveva incontrato il Ministro dei Trasporti libico con l’obiettivo di riattivare al più presto i progetti già concordati con diverse aziende italiane. Alcuni progetti riguardano il Consorzio italiano Aeneas, essenziale per garantire la sicurezza dell’Aeroporto internazionale di Tripoli – assicurando alla Libia l’accesso al traffico aereo con l’Europa; per migliorare l’interconnessione e la sicurezza dei confini e delle coste, verrà riattivato il progetto di ricostruzione dell’autostrada costiera, finanziato dal Governo italiano e portato avanti dal gruppo Anas. La necessità di garantire la sicurezza interna della Libia, anche attraverso tali progetti e la relativa cooperazione, è stata ulteriormente sottolineata durante i colloqui recenti fra Draghi e Dbeibah. Cruciale, inoltre, per le relazioni diplomatiche così avviate è anche assicurare un sostegno continuo alle istituzioni locali. Sul tema sono attivi sia l’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, che tra i vari impegni, dal 2018, gestisce il programma “Stability, recovery ad socio-economic development in Libya” approvato dal Comitato Operativo del Fondo Fiduciario d’Emergenza europeo, sia la Direzione Generale Affari Politici, che sta avviando un progetto finalizzato ad irrobustire la capacità gestionale delle autorità libiche locali. In tutti questi casi si parla di investimenti consistenti in termini economici.
Sotto il profilo della cooperazione energetica, importante è stato il recente incontro tra Dbeibah e l’Amministratore delegato dell’Eni, Claudio Descalzi, in continuità con i rapporti privilegiati già intrattenuti durante il conflitto. Eni, infatti, continuerà ad investire e a sviluppare le numerose riserve presenti sul territorio libico, anche grazie ai nuovi programmi di sviluppo offshore, quali ad esempio Bouri Gas Utilization e Sabratha Compression. La cooperazione energetica è fondamentale per entrambi in Paesi in vista della transizione energetica, che richiederà, almeno per i primi decenni, un aumento consistente della domanda di gas naturale (Forte & Canitano, 2019).
Oltre alla cooperazione economica e a quella energetica, è indispensabile per l’Italia, al fine di garantire la stabilità libica – e dunque del Mediterraneo -, assicurarsi un ruolo diplomatico importante. Insieme all’insistenza per il mantenimento e il monitoraggio del cessate-il-fuoco, ribaditi dallo stesso Draghi durante la visita ufficiale, è stato fondamentale per la capacità diplomatica italiana aver incoraggiato il ritiro delle truppe straniere – soprattutto turche e russe – sul territorio libico. A desiderare tale ritiro sono state le Nazioni Unite, la Nato e l’Unione Europea, dove a Tripoli si gioca tutta la loro credibilità (Mini, 2017). Sarà però cruciale comprendere in che modo l’Italia si confronterà con la Turchia, anche alla luce dei recentissimi risvolti diplomatici. Accrescere il soft power dell’Italia in Libia passa anche attraverso la delicata capacità di tessitura dei rapporti con il resto dei Paesi mediterranei, Turchia compresa.
Oggi l’Italia può contare su un alleato ritrovato, grazie alla linea politica tradizionale del Segretario di Stato USA, Antony Blinken, riportata in sede NATO e ribadita durante l’incontro con Di Maio. Ovviamente, gli obiettivi strategici di Stati Uniti e Italia in Libia sono diversi: per gli USA resta prioritario impedire la presenza in Libia delle milizie russe Wagner, indirettamente collegate a Mosca. L’Italia pensa unicamente a rafforzare i legami di cooperazione e il proprio ruolo diplomatico, anche attraverso la partecipazione ai programmi EUBAM ed IRINI.
Forse v’è stato bisogno di una spinta atlantica – blinkeniana – per comprendere fino in fondo quanto sia importante la dimensione mediterranea della politica estera italiana. La Libia costituisce una grande opportunità per l’Italia di rimeditare sulla sua profonda vocazione mediterranea.
Bibliografia
Forte, L., & Canitano, G. (2019). Lo scenario energetico futuro: area Mena, Europa e Mediterraneo in prospettiva. In I. d. Mediterraneo, Rapporto sulle economie del Mediterraneo. Il Mulino.
Mini, F. (2017). Che guerra sarà. Bologna: Il Mulino.