Ci soffermiamo a visitare la mostra “Disruptive. La sfida di ricostruire” allestita al Meeting di Rimini 2021 che nasce come risposta di un gruppo di studenti universitari alla provocazione lanciata dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, durante il suo discorso di fine anno: «Non viviamo in una parentesi della storia. Questo è tempo di costruttori». Per raccogliere questo appello i ragazzi, con l’aiuto di professionisti e specialisti, hanno approfondito la figura di Sergio Marchionne per comprendere se il suo lavoro durante la crisi Fiat del 2004 ci ha fornito spunti utili per uscire dalla crisi dovuta alla pandemia di Covid19. Il percorso della mostra è stato realizzato dialogando con diverse personalità del panorama industriale e giornalistico italiano che lo hanno conosciuto e accompagnato, tra questi troviamo John Elkann e Sergio Chiamparino, Mario Calabresi e Marco Bentivogli. La mostra è disponibile, anche in versione online, sul sito dedicato https://disruptive.meetingrimini.org/

Il comitato organizzativo della mostra è composto da Michele Brambilla Pisoni, studente di architettura al Politecnico di Milano; Cristiano Carenzi, studente di scienze politiche all’Università degli Studi di Milano; Gianmaria Martini, professore ordinario e direttore del dipartimento di scienze economiche all’Università degli studi di Bergamo e Tommaso Prinetti, studente di design al Politecnico di Milano.

 

Com’è nato il progetto e quale lavoro c’è alle spalle per realizzare una mostra di questo livello?

L’idea nasce nell’estate del 2019, prima della crisi pandemica. Abbiamo contattato la segreteria e il reparto mostre del Meeting per proporre questo progetto che nasce da una rete di relazioni che insieme avevano approfondito la figura di Sergio Marchionne. Di lui siamo rimasti colpiti dalla sua storia di ricostruzione e così abbiamo voluto raccontarla e rappresentarla. Dobbiamo ammettere che il lavoro di realizzazione è stato lungo, soprattutto nel primo anno quando oltre ai tempi lenti della pandemia ci siamo confrontati per comprendere a fondo la figura di Marchionne, che negli anni ha animato molti dibattiti. Così il lavoro si è incentrato su quattro punti: la scrittura del contenuto, lo sviluppo digitale, lo sviluppo in presenza e la realizzazione delle interviste. Così ogni area è stata realizzata da un team di lavoro, come raccontiamo anche nella terza sezione della mostra stessa.

 

Siete partiti dalle incisive parole del presidente della Repubblica: «Non viviamo in una parentesi della storia. Questo è tempo di costruttori». Sono state il trampolino della mostra, tuttavia cosa significa essere costruttori in un momento come questo? Chi sono per voi i “costruttori”?

Di ricostruttori ne esistono molti. La nuova stagione che si sta aprendo segnata dalla pandemia sarà un’occasione d’oro per iniziare a ricostruire. Siamo convinti di aver davanti a noi una possibilità della portata di quella che hanno avuto i nostri nonni nel secondo dopoguerra e non possiamo lasciarcela sfuggire. Proprio per questo, a partire da ciò che persone come Marchionne ci hanno lasciato come esempio, siamo convinti che per essere costruttori sia necessario applicare la cosiddetta disruption. Questo termine include un modo di agire di fronte alla realtà che va oltre a ciò che già si conosce o allo status quo delle cose. Comporta invece un cambio radicale del (proprio) punto di vista per abbracciare un’intuizione nuova disposta a scontrarsi con il “già saputo”, per ricostruire ciò che non va o è stato distrutto. Si tratta di un’attitudine che non si limita all’ambito economico manageriale, ma può essere assunta in ogni ambito della realtà. Distruption significa essere “dirompenti”.

 

Quali spunti di riflessione ci lascia la storia di Sergio Marchionne al cittadino comune che non si trova ad occupare posizioni apicali o decisionali? È una storia di vita che si limita a parlare ai soli manager o a tutti?

L’idea di fondo è quella di rendere la mostra uno strumento utile a tutti, non l’avremmo fatta per limitarci a ricordare la storia di un manager. Invece alcune sue scelte hanno aiutato la nostra vita di universitari a ritrovare un metodo. Un esempio di questo è uno dei modi di procedere di Marchionne, che aveva spiegato durante un discorso all’università Bocconi: «When you go home at night, you should just ask yourself one question: is this place a better place than you found in the morning?» (Quando torniamo a casa la sera, ognuno di noi dovrebbe chiedersi: è questo un posto migliore di quello che ho lasciato stamattina?). La domanda è semplice; può essere applicata ad ogni ambito della vita, ad esempio per guardare alla propria azione quotidiana: cosa sto costruendo nelle mie giornate con il mio studio e il mio lavoro? Inoltre, anche temi come la responsabilità o la passione da mettere in ciò che si fa, non riguardano soli i managers, anzi, ma la vita di ciascuno, i rapporti che viviamo e come abitiamo lo spazio pubblico.

 

Nella mostra è presente una pluralità di voci, le persone intervistate hanno storie e competenze diverse. Allo stesso tempo anche voi del gruppo organizzatore siete diversi per età, storia, interessi, studi ecc. Questa pluralità come ha influenzato il lavoro? È stato un valore aggiunto?

Per realizzare il nostro progetto è stato fondamentale la pluralità di voci, di storie e di competenze. Nel corso del lavoro è stato determinante avere un gruppo di adulti esperti sugli argomenti più tecnici trattati nella mostra. Ma anche giovani designer con le loro diverse competenze che ci hanno permesso di sviluppare concretamente il sito e l’area in presenza con idee originali e creative. Poi un comitato organizzativo ha coordinato il lavoro di tutti. Molte persone ci hanno dato una mano in questi due anni, su tanti fronti diversi, il loro entusiasmo e la loro curiosità ci ha aiutato a moltiplicare le competenze. La scelta delle voci che abbiamo intervistato ci aiuta a presentare ambiti e idee diverse, ma anche sfaccettature e punti di vista nuovi che approfondiscono la storia di Marchionne in Fiat. Questa pluralità di voci, come in una sinfonia ci aiuta a dare voce alle relazioni e alla realtà che lo hanno incontrato. Alla fine, siamo riusciti ad incontrare anche i suoi collaboratori, sindacalisti, giornalisti e professori universitari e anche loro, ciascuno con il tempo e la disponibilità che poteva donare, hanno aggiunto il loro mattone al progetto «Disruptive: la sfida di ricostruire».

 

Durante la cerimonia di inaugurazione è intervenuto anche il presidente Sergio Mattarella (vedi video), il quale ha richiamato all’importanza di avere il coraggio della responsabilità e di farsi costruttori, anche con spirito critico, del futuro. Rispetto al lavoro che state facendo, lo straordinario titolo del Meeting: «Il coraggio di dire Io», cosa dice a un gruppo come il vostro?

Nella terza sezione della mostra spieghiamo che per noi avere “il coraggio di dire Io” significa, innanzitutto, esserci messi in gioco proprio attraverso questo progetto. È stata la provocazione e l’intuizione di uno di noi che ci ha portato a un risultato in parte inaspettato. Non sarebbe stato così se il coraggio di “dire Io” non fosse avvenuto da parte di tutti coloro che hanno lavorato alla mostra. Per “dire Io” non pensiamo sia necessario fare qualcosa di grande per il mondo ma, nel proprio piccolo e nella quotidianità, significa stare davanti ad ogni impegno e ad ogni sfida nello studio, nel lavoro, nella politica e nella società, con passione e senso di responsabilità. Per questo abbiamo visto come un incoraggiamento a proseguire su questa strada le parole del presidente Mattarella, il quale richiamando anche al titolo dell’edizione del 2016, “Tu sei un bene per me”, ha voluto mettere l’accento sull’importanza per ognuno di noi di rivolgersi ad un “Tu” e ad un “Io”, ad una comunità.