Siamo a Busto Arsizio nel varesotto; al telefono Vanessa (annata ‘96) mi racconta l’esperienza in cui si è lanciata insieme alle amiche Camilla e Carlotta. La storia è molto semplice: scoppia l’epidemia e Vanessa non riesce a stare con le mani in mano, sa che le persone in difficoltà sono tante. Decide quindi di mandare un messaggio ad una decina di amici per capire se il suo desiderio di essere utile può concretizzarsi. In due, Camilla e Carlotta, rispondono e così prende vita l’iniziativa “Busto Arsizio Aiuta”: un gruppo di volontari che dal 3 aprile consegna spesa e viveri alle famiglie della città.
Ognuno mette in campo quello che sa fare: Vanessa si occupa dell’organizzazione, Carlotta gestisce i volontari (ad oggi sono circa una ventina di universitari) e Camilla si occupa di pubblicizzare l’iniziativa sui social. I riscontri sono da subito positivi, sia il numero delle famiglie raggiunte che il numero dei volontari aumenta di giorno in giorno. Vanessa sottolinea come tutto questo sia una sorpresa inaspettata: “Abbiamo iniziato dicendo, perché no? In fondo non abbiamo nulla da perdere. Poi pian piano, tramite il passaparola tra amici su Whatsapp o Instagram, stiamo crescendo sempre di più”.
Oggi l’attività del gruppo dei volontari si articola seguendo due iniziative: da un lato la consegna a domicilio della spesa, dall’altro l’invenzione della “spesa sospesa”. Quest’ultima iniziativa è aperta a tutti e consiste nel posizionamento di un carrello in due supermercati della città in cui, durante il giorno, i clienti a fine spesa possono regalare dei prodotti acquistati. Alla sera il contenuto della spesa viene portato a casa di Vanessa e successivamente recapitato alle famiglie in difficoltà. L’attività principale in cui sono impegnati i volontari, sempre muniti di guanti e mascherina, è la consegna della spesa a domicilio.
Oggi, grazie a donazioni di privati cittadini e al sostegno di altre associazioni del territorio, i ragazzi riescono a fare la spesa per famiglie numerose o in situazioni lavorative precarie. Le famiglie, sia italiane che straniere, ora sono una decina, ma, grazie al passaparola e alla continuità dell’attività dei ragazzi, stanno aumentando. Si inizia con una spesa più massiccia e successivamente si garantisce il rifornimento, circa ogni due giorni, di alimenti freschi e di ciò che viene lasciato nella “spesa sospesa”.
Il loro operato non si ferma qui. I volontari consegnano la spesa anche alle persone in isolamento domiciliare obbligatorio o volontario. Il gruppo inoltre vorrebbe mettere il lavoro fatto anche al servizio degli anziani della zona. La mobilitazione dei ragazzi è costante, così come il tentativo di legare la propria iniziativa alla rete associativa già presente sul territorio. Questo è un punto fondamentale per Vanessa: “tra realtà sociali è bello aiutarsi, non essere in competizione. Mettendosi insieme aumenta la possibilità di aiutare e ci si può sostenere per essere ordinati e capillari.
Insieme si è molto più forti, credo sia questa la legge del volontariato: muovendo una piccola azione, genero un ritorno molto più grande, sia con le persone aiutate sia tra le realtà associative”. Vanessa mi racconta di come stia dialogando con la Protezione Civile, con il CAV e le diverse associazioni che operano sul territorio. Insieme si pensano nuove iniziative, oltre ovviamente a segnalarsi reciprocamente le situazioni di maggior difficoltà.
Quando domando a Vanessa cosa l’ha spinta a muoversi, mi risponde così: “Per indole. Mia mamma fa la volontaria al CAV da trent’anni, sono cresciuta imparando che le situazioni di fragilità ci sono e non sono solamente in televisione o sui giornali. Queste realtà esistono qui vicino a me. All’inizio della pandemia mia mamma era preoccupata per alcune delle famiglie che segue tramite il suo volontariato e così, semplicemente, ci ho provato. Nel nostro gruppo ognuno ci mette del suo, secondo la propria inclinazione e capacità”.
Mi racconta di come essendo tutti ragazzi giovani, stiano imparando a muoversi nel mondo associativo, a conoscere la complessità di questo mondo e in questo l’aiuto delle associazioni con più esperienza è fondamentale. In conclusione della nostra telefonata Vanessa mi dice: “Avevo bisogno di fare tutto questo per me in primis. Non potevo passare la quarantena chiusa in casa senza tenere conto di cosa sta succedendo fuori, la nascita di questo gruppo è stata naturale”. Vanessa deve scappare ad incontrare altri gruppi di volontari: è indaffarata, ma il suo entusiasmo è contagioso.
Se volete conoscere di più o sostenere l’iniziativa di questi ragazzi date un’occhiata al loro profilo Instagram e Facebook
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