*di Marta La Placa (organizzatrice dell’incontro con l’Associazione Rosmini. L’evento si è tenuto in data 6 giugno in collaborazione con l’Università Ca’ Foscari di Venezia. La registrazione è possibile rivederla su YouTube).
In un momento di ripresa come questo, in cui tutto e tutti fanno davvero i conti, forse per la prima volta dopo mesi, su come la pandemia e il suo costretto isolamento ci abbiano influenzati, forse l’approccio nichilistico alla realtà potrebbe sembrare il più semplice e ovvio per tanti.
Fortunatamente invece non è così, non per tutti almeno. Sabato 6 giugno, durante una conferenza organizzata dall’Associazione Studentesca Rosmini, gli studenti dell’Università Ca’ Foscari di Venezia hanno posto proprio questo interrogativo all’Onorevole Luciano Violante; se la Pandemia abbia cioè aumentato o diminuito quel nichilismo contemporaneo per cui sentiamo il nulla intorno e addosso a noi.
La risposta è stata inaspettata, e ha ribaltato il punto della questione, concentrandosi non tanto sulla nozione di nichilismo quanto su quella di fiducia. “La fiducia c’è quando c’è l’altro”, ha affermato, e questa pandemia non ha fatto che farci riflettere su chi sia “l’altro”. Durante i mesi di isolamento, il corpo altrui c’era, ne eravamo sicuri; ci fidavamo della presenza, dell’esistenza dell’altro, anche se il corpo dell’altro non si poteva toccare. Alcuni si sono quindi trovati a mettere da parte il nichilismo, la sensazione di nulla, che l’Onorevole ha paragonato al Nulla della genesi. Esso è quindi, se guardato in quest’ottica, un nulla su cui costruire per poter combattere il male. Questo, afferma, non è nient’altro che un patto di credo e di fiducia reciproca con Dio in virtù del quale la propria vita diventa un mezzo di costruzione, finalizzato dunque alla distruzione del nulla.
Ci sono inoltre tanti motivi per non ridurre questi mesi a una parentesi di nulla. Basti pensare ai debiti economici che questa pandemia ha portato a tanti paesi e a tante imprese, alla questione dello smart-working o dei femminicidi, tanto chiaramente denunciata in Francia. Questi sono mesi su cui costruire, da cui ripartire; non una parentesi vuota.
È stata la fiducia, quindi, in questi mesi di quarantena, a combattere il nichilismo, ed è proprio a questa che Violante si è appellato quando gli è stato invece domandato quale sia stato l’effetto della pandemia su quel nichilismo di natura più socio-politica che spesso ci porta a sentirci lontani dalle istituzioni politiche, facendocele guardare con sospetto. Secondo Violante, questa sensazione di abbandono che il cittadino prova nei confronti delle istituzioni non è nient’altro che mancanza di fiducia; siccome tuttavia questa si basa sull’altro, come abbiamo detto prima essa non può essere unilaterale. Non siamo tanto noi cittadini a dover ricostruire il nostro approccio alle istituzioni, quanto queste a doversi di nuovo fidare del cittadino. Solo così, con la presenza di entrambe le parti, si può davvero costruire un rapporto di fiducia stabile, che possa far funzionare il meccanismo istituzionale.
Violante non parla però solo di Nichilismo; sembra anzi voler esprimere un messaggio di fiducia e speranza molto più ampio. Parlando di diritti e doveri, infatti, l’Onorevole si concentra sul valore della comunità per la definizione di entrambi. I primi non sono la soddisfazione dei desideri individuali, la concretizzazione continua delle pretese dei cittadini, come tanti spesso pensano. Quando leader solitari, lontani dal partito, reclamano i diritti di ognuno in questo senso, la comunità diventa solo un fatto di somiglianza con queste figure. Per Violante, invece, ciò che conta e da cui bisogna continuamente partire, è la comunità tenuta insieme da una rete fondamentale: quella dei doveri. Questi ultimi, senza i diritti, perdono il loro valore e significato, ed è pertanto necessario costruirli partendo da una comunità che non sia piazza, ma rete di rapporti interpersonali. La comunità è un luogo di rispetto, in cui si costruisce l’uguaglianza, quella che attribuisce a tutti la stessa dignità. È quindi fondamentale costruire una comunità che non sia solo compresenza, ma relazioni interpersonali su cui costruire i doveri; è dalla valorizzazione di questo tipo di comunità che nasce anche la costruzione della responsabilità.
Quest’ultima, afferma Violante, è oggi più che mai nelle mani della società civile e delle comunità studentesche. Una delle ultime domande si riferiva proprio a quale fosse il ruolo dei giovani nella politica di oggi, e l’Onorevole non si è risparmiato dal far capire che la responsabilità nelle loro mani è grande. Sono le domande dei giovani ad avere la spinta giusta per costruire, per ri-costruire, sia la comunità di cui si è parlato, sia un qualcosa dal nulla che spesso sentiamo intorno a noi. Le risposte alle domande dei giovani aprono loro il futuro, perché evidenziano come questi vorrebbero che fosse.
Possiamo quindi concludere che forse la ricetta contro il nichilismo che sembra emergere da questo dialogo sia proprio questa: una comunità inter-connessa, basata su dei rapporti autentici e di fiducia reciproca. Così infatti si può guardare al futuro e non avere paura di partire proprio dal nulla per costruire qualcosa di nuovo.
*Marta è membro dell’Associazione Rosmini e studentessa di Philosphy, International and Economic Studies per l’Università Ca’ Foscari di Venezia. L’associazione è presente anche su Facebook e Instagram.
Ecco alcune foto dei membri dell’Associazione: