Già nel primo numero dell’enciclica “Fratelli Tutti” il concetto di fraternità viene spiegato nell’ottica di una fraternità aperta: “l’essenziale di una fraternità aperta, che permette di riconoscere, apprezzare e amare ogni persona al di là della vicinanza fisica, al di là del luogo del mondo dove è nata o dove abita”[1]. Tuttavia, è necessario agire “senza negare la propria identità” [2]. Il concetto di fraternità si oppone radicalmente a ogni falsa unidimensionalità. La fraternità ci spinge ad uscire al di fuori di noi stessi e ad aprirci agli altri attraverso il dialogo nella diversità. A tal proposito, nell’enciclica sono presentate diverse immagini.
L’immagine della casa comune[3] ci mostra che c’è una differenza essenziale tra essere vicini e essere fratelli. I fratelli vivono insieme e con amore si prendono cura della loro casa per evitare che crolli. I vicini, d’altro canto, hanno le loro case e vivono solo in prossimità fisica, occupandosi solo dei loro domicili. Tuttavia, il nostro compito è di prendere l’iniziativa, anziché aspettare gli altri. La nostra casa deve avere le porte aperte ai vicini indipendentemente dal loro luogo di nascita e dalla nazionalità, creando una casa comune. Il cambiamento non è fuori dalla casa e nelle politiche mondiali, ma è radicato nella vita quotidiana, nel nostro microcosmo. Il passo importante che ciascuno di noi può fare è cercare a dialogare con il vicino. Dialogo significa: “avvicinarsi, esprimersi, ascoltarsi, guardarsi, conoscersi, provare a comprendersi, cercare punti di contatto, tutto questo si riassume nel verbo “dialogare””.[4] Questo è il primo passo verso un paradigma accogliente con cui usciamo dalla nostra realtà individuale e superiamo le frontiere e le xenofobie, creando la fraternità e l’ascolto reciproco.
La seconda immagine di fraternità che ci offre Papa Francesco è quella della barca[5], un’immagine biblica estremamente potente. In primo luogo, essendo così piccola, ci mostra quanto siamo vicini gli uni agli altri e quanto siamo tutti nel medesimo pericolo quando si scatena una tempesta. In secondo luogo, la barca raffigura una società che si è allontanata dai valori fondamentali ed è travolta dalle onde. Tali onde simboleggiano i pericoli e le tentazioni che affrontiamo nella società contemporanea. D’altra parte, la barca può anche rappresentare lo scudo che ci protegge dalle tempeste. Tuttavia, a volte potrebbe essere insufficiente, poiché le tempeste sono sempre presenti e molto potenti. Rappresentano i valori mondani di cui parla Papa Francesco: l’individualismo, il populismo, le guerre, i nazionalismi, l’egoismo, l’economia dello scarto, e così via. Infatti, ciò che è importante notare è che “il vento cessò” quando Gesù salì sulla barca. Gesù rappresenta una logica di amore che va oltre le nostre forze e le logiche mondane. Introdurre la legge divina tra di noi può placare le tempeste. Cosa significa questo e come possiamo raggiungerlo?
La risposta si trova nella parabola del Buon Samaritano, quale esempio di superamento dell’egoismo e delle politiche dell’odio. Si tratta di un uomo che giaceva a terra, aggredito dai briganti durante il viaggio da Gerusalemme a Gerico. Dato che la parabola si svolge tra Gerusalemme e Gerico, si presume che l’uomo ferito fosse un Giudeo. Un sacerdote e un levita, entrambi membri eminenti del popolo ebraico, passano accanto a lui senza prestargli soccorso. Nonostante le tensioni politiche tra questi due popoli, il Samaritano si è fermato e ha dedicato del tempo all’uomo ferito. Papa Francesco ci rivela, invece, come tutti noi tendiamo a concentrarci su noi stessi: “vedere qualcuno soffrire ci dà fastidio“[6]. Nella parabola le persone non si caratterizzano in base alle categorie professionali e politiche, bensì soltanto tramite una distinzione tra coloro che offrono aiuto e coloro che “passano oltre”. Il primo passo consiste nel porci la domanda: chi vogliamo essere nella nostra vita quotidiana? Anche oggi, ci sono persone ferite, e dobbiamo decidere se spaventarci o se offrire loro aiuto. Ogni giorno rappresenta per noi un’opportunità. Il mondo si costruisce dal basso verso l’alto: “facciamoci carico della realtà che ci spetta“[7].
Dobbiamo cambiare il paradigma non cercando il nostro prossimo, ma diventando il prossimo di qualcuno. La cosa più importante è abbattere i confini che si creano, sia a livello locale che globale, e, seguendo l’esempio del Buon Samaritano, riconoscere il Cristo in ogni persona bisognosa di aiuto. Comprendendo una cosa semplice, ovvero che “Dio ama ogni essere umano con un amore infinito e che «gli conferisce con ciò una dignità infinita»”[8], possiamo contribuire in modo significativo alla creazione quotidiana di un mondo migliore. Nonostante l’assenza fisica, il Samaritano ha dichiarato che sarebbe stato vicino e avrebbe coperto tutti i costi. La progressività dell’amore implica un’apertura progressiva che non ha mai fine. Infatti, ci consente di compiere tre azioni fondamentali: (i) “uscire” da noi stessi; (ii) accogliere l’altro; (iii) integrare attivamente l’altro nella comunità. In questo modo, si instaura una relazione basata sull’amore, sia a livello locale che globale. Tuttavia, è fondamentale evitare di cadere nell’universalismo astratto, poiché l’amore è diverso dall’unidimensionalità. L’amore è uno strumento al servizio della pluridimensionalità, come ci dimostra la parabola del Buon Samaritano. Deve promuovere la persona nel suo intero, considerandola come un dono di Dio, senza tener conto della sua posizione nella società.
[1] Fratelli Tutti, 1
[2] Fratelli Tutti, 3
[3] Fratelli Tutti 17; 143
[4] Fratelli Tutti, 198
[5] Fratelli Tutti 30; 32
[6] Fratelli Tutti, 65
[7] Fratelli Tutti, 78
[8] Fratelli Tutti, 85