di Gianluca Grasso

Con l’approvazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), entra nel vivo l’attuazione dell’ufficio per il processo, modulo organizzativo introdotto nel 2014 con l’intento di istituire uno staff al servizio dei magistrati, traendo spunto da quanto realizzato in altri ordinamenti, ove tale supporto è da tempo presente.

Dopo un lungo periodo di sperimentazione, affidato a un insieme eterogeneo di risorse (personale amministrativo, giudici onorari e tirocinanti), la svolta è ora costituita dall’avvio delle procedure di reclutamento di personale assunto a tempo determinato e specificamente addetto all’ufficio del processo per l’attuazione del PNRR sul versante del Ministero della giustizia (artt. 11-17 del d.l. n. 80 del 2021). Serviranno queste misure straordinarie a raggiungere gli obiettivi auspicati di maggiore efficienza del sistema giustizia?

Potranno finalmente i magistrati dedicarsi all’attività propria della loro funzione, ossia quella di rendere giustizia, decidendo le controversie loro affidate, lasciando ad altri le attività strumentali all’esercizio della giurisdizione? L’ufficio per il processo è disciplinato dal d.l. n. 90 del 2014, che ha introdotto l’art. 16-octies nel d.l. n. 179 del 2012, convertito con la l. n. 221 del 2012 con l’intento di «garantire la ragionevole durata del processo, attraverso l’innovazione dei modelli organizzativi ed assicurando un più efficiente impiego delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione».

L’ufficio per il processo rappresenta un istituto complesso, composto da un insieme eterogeneo di risorse (personale amministrativo, giudici onorari e tirocinanti), cui sono assegnati compiti differenti per qualifica e competenze, e che necessitano di un’efficace (e strutturata) attività di coordinamento e di formazione da parte della magistratura professionale e della Scuola superiore della magistratura al fine di conseguire l’obiettivo di un’effettiva efficienza.

Se il personale di cancelleria lavora in genere a tempo indeterminato presso gli uffici giudiziari e la magistratura onoraria può contare su un orizzonte temporale di almeno due anni dal termine del tirocinio per la destinazione all’ufficio del processo, i neolaureati tirocinanti sono in genere impiegati per un periodo che non può superare un anno, per i tirocini ex art. 37 d.l. n. 98 del 2011, o diciotto mesi per i tirocini formativi ex art. 73 d.l. n. 69 del 2013, durata nel complesso insufficiente per realizzare gli obiettivi previsti dalla legge istitutiva, tenuto conto della necessaria fase di formazione iniziale, per cui nel caso dei tirocinanti appare senz’altro prevalente la pur meritevole funzione formativa in favore dei laureati che si apprestano a entrare nel mondo delle professioni legali.

Nel nostro ordinamento, nonostante le richieste della magistratura associata, il legislatore non ha scelto la strada di costituire un vero e proprio «ufficio del giudice», cioè un gabinetto (cabinet), composto almeno da un assistente giudiziario e da un segretario assegnati al singolo magistrato, come accade, ad esempio, nella Corte costituzionale italiana (ove accanto alla struttura amministrativa vi sono degli assistenti di studio) o nella Corte di giustizia dell’Unione europea (in cui ciascun giudice o avvocato generale dispone di più référendaire) o in altre realtà europee, quantomeno a livello di corti supreme. La scelta si è orientata verso la creazione di un «ufficio per il processo» a supporto di uno o più giudici professionali o di una o più sezioni, con il rischio di rendere meno efficace l’effettivo supporto a ciascun magistrato, con possibili disomogeneità a livello territoriale in ragione delle differenti risorse disponibili anche sul piano numerico.

Se l’intento che si vuole perseguire è quello di liberare il giudice dall’esecuzione di una serie di compiti strumentali e collaterali all’esercizio della funzione che gli è propria, che è quella giudiziaria e che consiste nel risolvere i casi che gli sono sottoposti, sarebbe preferibile che ciascun magistrato disponesse di una struttura affidata alla sua cura, come accade per le altre professioni legali. Nonostante le criticità richiamate, l’ufficio del processo è l’unico strumento a disposizione per migliorare l’efficienza del lavoro giudiziario e quindi rappresenta un’opportunità che va colta. La sua introduzione, tuttavia, non ha fin qui prodotto i risultati auspicati in termini di efficienza e di efficacia.

Ciò che ha impedito un impatto effettivamente risolutivo per i problemi legati al sovraccarico di lavoro giudiziario e alle attività di supplenza richieste al giudice è stata la carenza di risorse adeguate, essendo risultato limitato l’apporto dei tirocinanti (impiegati con finalità innanzitutto formativa per un periodo non superiore a 18 mesi), scarse le risorse amministrative e quelle dei magistrati onorari. Si è infatti pensato di conseguire risultati ambiziosi senza alcun investimento aggiuntivo («nell’ambito delle risorse disponibili e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica», come prescritto dal 2 comma dell’art. 16-octies d.l. n. 179 del 2012). È stato questo il vulnus principale che ha impedito all’ufficio per il processo di svolgere il suo ruolo. Al riguardo, il parere n. 22 del CCJE puntualizza, nelle sue conclusioni, che «gli Stati membri dovrebbero fornire un finanziamento adeguato per l’impiego di personale giudiziario qualificato, compresi – se impiegati – gli assistenti giudiziari (paragrafo 13)».

Da questo punto di vista, le misure contenute nel PNRR rappresentano un’opportunità per verificare l’efficacia di questo modulo organizzativo, superando la lunga fase di fatto sperimentale, cui l’assenza di risorse aveva relegato l’istituto. Allo scopo di consentire la piena attuazione dell’ufficio per il processo, il d.l. n. 80 del 2021 prevede infatti l’assunzione in due scaglioni, con contratto di lavoro a tempo determinato, di 16.500 unità di addetti all’ufficio nell’ambito della giustizia ordinaria e 326 unità nell’ambito di quella amministrativa. A questi si affiancheranno 5.410 unità di personale amministrativo, da assumere con contratti di lavoro a tempo determinato della durata di 36 mesi per assicurare la piena operatività dell’ufficio del processo e supportare gli obiettivi prefissati per il Ministero della giustizia dal PNRR (art. 13).

I profili professionali non riguardano soltanto i laureati in giurisprudenza ma altresì quelli in economia, scienze politiche o titoli equipollenti. Sul piano degli incentivi, si prevede che il servizio prestato con merito al termine del rapporto di lavoro costituirà titolo per l’accesso al concorso in magistratura e titolo di preferenza per l’accesso alla magistratura onoraria, equivalga a un anno di tirocinio professionale per l’accesso alla professione di avvocato e di notaio e a un anno di frequenza dei corsi della scuola di specializzazione per le professioni legali, nonché titolo di preferenza nelle successive procedure di selezione di personale a tempo indeterminato. Si apre così, in prospettiva, la possibilità che queste risorse impiegate a tempo determinato vengano in seguito in parte inserite nei ruoli del ministero attraverso le procedure concorsuali.

Al Ministro della giustizia è demandata l’individuazione dei tribunali o corti di appello cui assegnare gli addetti all’ufficio per il processo, tenuto conto del carico di lavoro (arretrato patologico e pendenza) e della dotazione organica dei magistrati togati, mentre l’individuazione delle modalità di utilizzo degli addetti all’ufficio del processo spetterà ai singoli capi degli uffici giudiziari, di concerto con i dirigenti amministrativo, tramite la predisposizione di uno specifico progetto organizzativo (art. 12).

L’allegato II al d.l. esemplifica, inoltre, le attività cui potranno essere destinati gli addetti all’ufficio per il processo, riprendendo quanto già indicato nella circolare sulle tabelle da parte del CSM. Si prevede: lo studio dei fascicoli (predisponendo, ad esempio, delle schede riassuntive per procedimento); il supporto al giudice nel compimento della attività pratico/materiale o di facile esecuzione, come la verifica di completezza del fascicolo, l’accertamento della regolare costituzione delle parti (controllo notifiche, rispetto dei termini, individuazione dei difensori nominati ecc.); il supporto per bozze di provvedimenti semplici, il controllo della pendenza di istanze o richieste o la loro gestione, l’organizzazione dei fascicoli, delle udienze e del ruolo, con segnalazione all’esperto coordinatore o al magistrato assegnatario dei fascicoli che presentino caratteri di priorità di trattazione, la condivisione all’interno dell’ufficio per il processo di riflessioni su eventuali criticità, con proposte organizzative e informatiche per il loro superamento; approfondimento giurisprudenziale e dottrinale; la ricostruzione del contesto normativo riferibile alle fattispecie proposte; il supporto per indirizzi giurisprudenziali sezionali; il supporto ai processi di digitalizzazione e innovazione organizzativa dell’ufficio e monitoraggio dei risultati; il raccordo con il personale addetto alle cancellerie. Le procedure relative alle assunzioni del primo scaglione saranno completate entro i primi mesi del 2022.

Al fine di consentire un utile impiego delle risorse per collaborare i magistrati in tutte le attività collaterali al giudicare (ricerca, studio, monitoraggio, gestione del ruolo, preparazione di bozze di provvedimenti) sarà fondamentale l’attività di formazione, che dovrà essere rivolta non solo ai nuovi assunti ma anche al personale in servizio e ai magistrati che dovranno essere impegnati nella piena attuazione di tutte le potenzialità dei moduli organizzativi. Si tratta di un appuntamento che la magistratura e il Ministero della giustizia non possono mancare se si vuole davvero imprimere quella svolta più volte auspicata nella gestione efficiente della giurisdizione, abbattendo l’arretrato e riducendo la durata dei procedimenti civili e penali.

La procedura delineata evidenzia nondimeno delle criticità. Per il ruolo delicato che ricoprono gli assistenti giudiziari, il parere n. 22 del CCJE prescrive che la responsabilità della selezione degli assistenti giudiziari dovrebbe essere assegnata alla magistratura, non all’esecutivo, in un processo trasparente basato su criteri oggettivi e sul merito (paragrafi 42 e 43). Sotto questo punto di vista, il sistema prescelto non risulta pienamente conforme al modello delineato nel parere, data la vicinanza degli assistenti giudiziari al processo decisionale. La magistratura, secondo il CCJE, è nella posizione migliore per selezionare i candidati con le qualità e le competenze necessarie per assisterli. Tuttavia, le garanzie dello Stato di diritto presenti in Italia e le specifiche riguardanti i criteri di selezione indicate nel d.l. consentono di ridurre il rischio paventato.

Sarà importante, peraltro, definire le regole che disciplinano le relazioni di lavoro all’interno dell’ufficio per il processo. La condotta degli assistenti giudiziari può influenzare direttamente l’esercizio della giurisdizione. Pertanto, al di là degli aspetti relativi al riserbo sugli affari trattati (paragrafo 56), il parere prescrive che regolamenti e linee guida dovrebbero fornire indicazioni sulle relazioni di lavoro dei giudici e degli assistenti giudiziari e sulla loro condotta professionale ed etica (paragrafi 35-40, 58). Per garantire i diritti delle parti ai sensi dell’art. 6 della CEDU, il CCJE raccomanda che i giudici devono avere una piena padronanza del diritto e dei fatti, in modo che le decisioni giudiziarie rimangano pienamente proprie (paragrafo 18). Quanto più gli assistenti giudiziari sono vicini al processo decisionale e quanto più pesante è il carico di lavoro dei giudici, tanto più importante è assicurare che i giudici mantengano il controllo del processo decisionale, supervisionando da vicino il lavoro degli assistenti giudiziari (paragrafi 14, 22). Le specifiche delle attività cui assistenti possono essere destinati, contenute nell’allegato II del d.l., rappresentano un perimetro puntuale di quanto è consentito delegare loro, ma sarà necessario un uso responsabile delle risorse da parte dei magistrati. I tirocinanti e gli addetti all’ufficio del processo, d’altronde, costituiscono un bacino importante per la selezione dei nuovi magistrati, come emerge dal sondaggio sui percorsi professionali e di formazione dei magistrati in tirocinio condotto dalla Scuola superiore della magistratura tra i vincitori dell’ultimo concorso, da cui traspare che più della metà (56%) ha effettuato il tirocinio formativo di 18 mesi presso gli uffici giudiziari.