Dall’inizio del 2024, il governo italiano è impegnato nel Piano Mattei, un progetto di rinnovamento della politica italiana in Africa che esprime la volontà di Roma di recuperare un ruolo di spicco nel Mediterraneo, in Africa e a livello internazionale.
Il mediterraneo allargato è, per ragioni anzitutto geografiche, un’area tradizionalmente di proiezione del nostro Paese. Si intende rilanciare il protagonismo italiano in un momento storico in cui altri Paesi, come per esempio la Francia e la Germania, hanno allentato la loro presenza in queste regioni.
Nell’ambito della scelta politica di rinnovare l’impegno strategico del nostro Paese nella cooperazione con i Paesi Africani, il tratto peculiare risiede nell’avvio di una “piattaforma programmatica aperta” a condivisione e collaborazione con i Paesi africani, in un’ottica di cooperazione da pari a pari e non in una logica predatoria.
Tale impostazione paritaria nelle relazioni dell’Italia con i Paesi del c.d. “Global South” è dichiaratamente ispirata, come desumibile dalla stessa denominazione del Piano, alla figura di una grande personalità italiana, Enrico Mattei.
Partigiano cattolico di primo piano, deputato della Democrazia Cristiana dal 1948 al 1953, primo presidente dell’ENI, Enrico Mattei appartiene a quel Pantheon delle personalità italiane che offrirono un contributo fondamentale alla fase di ricostruzione del nostro Paese nel dopoguerra.
Mattei fu il principale artefice della nostra politica energetica per oltre quindici anni, dal 1945 al 1962 e, in questo modo, svolse anche un ruolo da protagonista della politica economica dell’Italia. Si avviò in quella fase una dinamica nelle relazioni con l’Africa non speculativa ma cooperativa, orientata a sviluppare rapporti nel lungo termine, con vantaggio reciproco. Si puntava ad accordi su un piano di parità, sia politica che finanziaria, con i Paesi produttori di materie prime energetiche in Africa ed in Medio Oriente. Veniva pattuito che una parte considerevole di quanto estratto fosse lasciato ai Paesi da cui si estraeva, a beneficio del mercato interno. L’Eni aspirava dunque, dimostrando nel tempo di essere riuscita nell’intento, a piantare radici solide nel continente africano e tali da portare frutti di stabilità e progresso certamente ai territori e popoli africani e non soltanto all’Italia.
La lunga e importante storia della cooperazione italiana ha accreditato la Repubblica italiana in Africa e nel Global South nelle sue varie articolazioni istituzionali, imprenditoriali e delle Ong. L’impronta è sempre stata quella del solidarismo operoso in grado di fare della cooperazione allo sviluppo una componente essenziale della politica estera italiana. Il progetto di rilancio della politica italiana in Africa intende dunque collocarsi nel solco di questa riconosciuta e valorosa tradizione italiana di cooperazione internazionale allo sviluppo.
La Legge n. 2/2024 indica i settori di intervento e le priorità del Piano Mattei. Nella prospettiva di mettere a sistema i partenariati economici già esistenti, di implementarli e creare le condizioni per l’avvio di nuovi in una logica di cooperazione fra pubblico e privato, il settore energetico assume una posizione preminente. L’interesse perseguito dall’Italia è quello di aiutare le nazioni africane a produrre energia sufficiente alle proprie esigenze e ad esportare in Europa la parte eccedente, mettendo insieme due necessità. Da una parte la necessità africana di sviluppare questa produzione energetica e generare ricchezza, dall’altra parte l’esigenza europea di garantirsi nuove rotte di fornitura energetica.
Il nostro Paese, in questo contesto, si propone come un vero e proprio Hub energetico nel Mediterraneo, fungendo da ponte tra il continente africano e l’Europa centro settentrionale. Si ritiene inoltre, secondo la logica del Piano in esame, che l’innesto di solidi processi di sviluppo socioeconomico nel continente africano possa offrire una soluzione sistemica al problema dei flussi migratori, ponendo le popolazioni africane nella condizione di non dover emigrare.
L’efficacia strategica delle azioni messe in campo dal Piano e la sua stessa attrattività agli occhi dei Paesi partners dipenderà, in buona misura, anche dalla capacità di farsi carico delle dinamiche considerate centrali per i processi di crescita africani, quali sono per esempio il rafforzamento delle capacità statali (inclusi lo Stato di diritto, la sicurezza, la stabilità), la riduzione del vasto deficit infrastrutturale, l’espansione dell’accesso al credito, la digitalizzazione e la transizione verde.
Sarà bene che queste dinamiche interne siano tenute preventivamente in debita considerazione così da pianificare un adeguato dispiegamento di risorse economiche, diplomatiche, di sicurezza ecc. A tal fine il coinvolgimento dell’ampia rete diplomatica italiana nel continente sarà decisivo per meglio identificare le aree di intervento. I processi di sviluppo potranno essere effettivamente sostenibili se saranno accompagnati dalla condivisione e partecipazione delle comunità locali e non solo dei governi o di pochi privilegiati tra i cittadini.
In questo senso la sensibilità dell’Italia e dell’Unione Europea rispetto allo stato di diritto e al buon governo può essere riconosciuta come una componente in grado di qualificare l’impostazione delle relazioni con l’Africa, un significativo tratto distintivo rispetto all’approccio adottato da Cina e Russia. Ciò trova una conferma nell’ammirevole ispirazione ufficiale contenuta nella declaratoria del nostro Ministero degli Esteri: “La cooperazione internazionale allo sviluppo sostenibile si ispira ai principi della Carta delle Nazioni Unite ed alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. La sua azione, conformemente al principio di cui all’art. 11 della Costituzione, contribuisce alla promozione della pace e della giustizia e mira a promuovere relazioni solidali e paritarie tra i popoli fondate sui principi di interdipendenza e partenariato”.
Può, sin da adesso, leggersi con favore l’ambizione di dare una veste unitaria a iniziative di policy verso il continente africano, in precedenza perseguite in maniera a tratti intermittente e senza un pieno coordinamento degli attori coinvolti.
Una politica strutturata capace di proseguire indipendentemente dalla logica dell’alternanza delle maggioranze di governo. Depone positivamente in questa direzione la creazione di un’architettura istituzionale specificamente destinata: una struttura di missione presso la Presidenza del Consiglio, con un diplomatico di rango alla sua guida, coadiuvato da una serie di dirigenti, un proprio budget, un rendiconto annuale al Parlamento, la cabina di regia per il coinvolgimento delle altre Amministrazioni.
Le risorse attualmente disponibili per il Piano Mattei ammontano a cinque miliardi e mezzo di euro. Una parte consistente di essi, pari a circa tre miliardi di euro, proviene dal Fondo Italiano per il Clima, la restante parte proviene dai fondi italiani per la cooperazione allo sviluppo.
Queste risorse saranno utilizzate per iniziative articolate intorno alle cinque seguenti priorità: acqua, agricoltura, energia, istruzione e formazione, salute.
Il Global Gateway dell’Unione Europea, per quanto riguarda la sola Africa, stanzia circa 150 miliardi di euro di investimenti tra il 2021 e il 2027.
La scarsità delle risorse nazionali, la portata dei bisogni e delle aspettative del continente Africano, le dimensioni di concorrenti come Cina, Russia, India e Turchia, devono sollecitare una seria riflessione. Occorre che la meritoria scelta del governo italiano di considerare una priorità politica le relazioni con l’Africa ed il mediterraneo allargato non si riveli un impegno velleitario. Il Piano Mattei potrebbe, al contrario, aprire davvero ad una rinnovata, duratura e virtuosa fase di cooperazione con il continente africano se il nostro Paese si dimostrasse in grado di integrare il Piano nella più ampia cornice europea, sia a livello di istituzioni comunitarie che di Stati membri. L’Italia ha l’opportunità di assumere un ruolo guida nelle politiche rivolte al Mediterraneo se collocherà adeguatamente il benvenuto Piano Mattei all’interno di una strategia integrata, condivisa, dunque suscettibile di diventare efficace, dell’Unione Europea. Sarà bene rinunciare a farne un’iniziativa strettamente di bandiera in nome di un superiore interesse nazionale ed europeo.