di Ferdinando Tufarelli

 

È stato approvato, in commissione Sanità del Senato, all’unanimità e in via definitiva il testo unico sulle malattie rare “Disposizioni per la cura delle malattie rare e per il sostegno della ricerca e della produzione di farmaci orfani”. I prossimi passi necessari per l’entrata in vigore della legge sono la firma del Capo dello Stato e la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Due sono gli aspetti da evidenziare: 1) la novità per il nostro ordinamento di un testo di legge sulle malattie rare; 2) l’evidente efficacia della collaborazione tra associazioni, esperti del settore e Parlamento per la predisposizione del testo.

Il problema delle malattie rare è di grande importanza, non solo per il riconoscimento dovuto per chi ne soffre, ma perché consente di poter realizzare obiettivi sociali fondamentali, alla base della Costituzione italiana. Inoltre, si tratta anche di un testo che testimonia l’importanza del Parlamento come sede di confronto e attenzione alle istanze dei cittadini.

Non esisteva infatti ancora una legge che riconoscesse le malattie rare e prevedesse interventi e tutele a regime per le persone interessate da queste particolari patologie. Sino ad oggi lo Stato ha previsto riconoscimenti di risorse a favore delle singole patologie, prestando quindi un assistenzialismo sporadico che non ha consentito di affrontare la materia con sistematicità e serietà.

Il lavoro svolto dalle associazioni e degli osservatori sulle malattie rare ha tracciato la strada da percorrere per il riconoscimento di queste patologie. È grazie a queste realtà che si è giunti al testo di legge appena approvato. Nel caso di queste particolari patologie occorre riflettere sul significato di compassione. Una suggestione in tale senso l’ha offerta Mariella Enoc, rispondendo a Francesco Occhetta nel libro Il dono e il discernimento. La dottoressa Enoc ha infatti affermato che «la compassione diventa un momento di avvicinamento a chi, nella mia vita, ha un bisogno». Il lavoro delle associazioni di questo settore ha rappresentato proprio il movimento della compassione: un’azione verso l’altro, non l’immobilità di chi sta fermo a guardare.

La notizia dell’approvazione del disegno di legge in Commissione è stata salutata con favore dall’Osservatorio delle Malattie rare che, tramite la propria direttrice Ilaria Ciancaleoni Bartoli, afferma: «Siamo di fronte ad una legge quadro, con cui sono state poste le fondamenta di un cambiamento, ma c’è molto ancora da fare» e aggiunge «noi vigileremo affinché vengano approvati tutti gli atti necessari alla sua attuazione». Anche la senatrice Paola Binetti, relatrice in Commissione, ha affermato che «è tempo di trasformare la teoria in concretezza».

Si deve guardare con attenzione alla più importante delle novità contenute nel testo di legge, ovvero le definizioni individuate per la prima volta dal legislatore italiano.

La prima e più significativa è quella di “malattie rare”. La definizione di malattia rara, introdotta in un testo normativo, consente di poter tutelare le persone che ne soffrono e di poter quindi attivare meccanismi volti a migliorare le loro condizioni di vita attraverso efficaci forme di assistenza, sviluppando gli strumenti di ricerca per la cura di queste patologie.

«Sono definite rare le malattie, comprese quelle di origine genetica, che presentano una bassa prevalenza». La bassa prevalenza è definita conformemente ai parametri individuati sino ad oggi, indicando la malattia rara quando si ha una prevalenza inferiore a cinque individui su diecimila. Ma dal punto di vista più pratico, quali sono i vantaggi di questa definizione normativa?

Il decreto ministeriale del 18 maggio n. 279 del 2001 ha avuto il merito di istituire la Rete nazionale per la prevenzione, la sorveglianza, la diagnosi e la terapia delle malattie rare per assicurare specifiche forme di tutela ai soggetti affetti da malattie rare. La mancata predisposizione di idonei tariffari e il mancato stanziamento di risorse hanno però reso non attuabile l’altra finalità del decreto, ovvero l’esenzione dalla partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie.

Fino all’entrata in vigore della legge in esame, le malattie rare erano individuate in un allegato del Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, decreto che ha ridefinito in via generale i livelli essenziali di assistenza, cioè le prestazioni che il Servizio Sanitario Nazionale deve garantire alla popolazione attraverso le risorse finanziarie pubbliche: un elenco tassativo e chiuso che richiede procedure lunghe e passaggi burocratici per poter essere integrato[1].

La nuova definizione normativa, individuata nel testo di legge, permette di considerare le malattie rare in modo aperto. Questo vuol dire che si possono includere, alla luce delle ultime ricerche, tutte le malattie che soddisfino i requisiti della bassa prevalenza. Il testo di legge in approvazione introduce nel discorso pubblico anche la nozione di malattia ultra-rara, già riconosciuta in sede europea (ovvero quelle malattie che presentano una prevalenza inferiore ad un individuo su cinquantamila), e i tumori rari che, se riconosciuti in base agli standard europei, rientrano tra le malattie rare disciplinate dalla legge.

Un’altra definizione significativa indicata nella legge è quella dei “farmaci orfani”. Lo status legale dei farmaci orfani è stato definito negli Stati Uniti con la legge del 4 gennaio 1983 chiamata “Orphan Drug Act”. Questa legge definisce il “farmaco orfano” in rapporto alla prevalenza (frequenza) della malattia per la quale è indicato nella popolazione americana. Le scelte europee ed italiana ora seguono questa impostazione.

Per arrivare all’approvazione di un farmaco “orfano” bisogna innanzitutto capire come funziona la malattia e, proprio per questo, le aziende del settore sono impegnate nello studio e nella conoscenza delle malattie rare e, di conseguenza, anche nella fase della diagnosi. Si tratta di un percorso lungo e complesso. Nel 2020 la Commissione Europea ha concesso 21 nuove autorizzazioni all’immissione in commercio di medicinali orfani, portando il totale di farmaci orfani approvati in tutta l’Unione Europea a 190.

Le aziende farmaceutiche sono solitamente restie a sviluppare questi farmaci secondo le normali condizioni di mercato, poiché i capitali investiti per la ricerca e lo sviluppo dei prodotti non vengono recuperati attraverso le vendite a causa della scarsa domanda.

Il testo di legge, riprendendo la normativa europea, prevede che il soggetto che intenda richiedere l’autorizzazione per poter definire un farmaco orfano dimostri: 1) che il farmaco sia destinato alla diagnosi, alla profilazione o alla terapia di un’affezione che comporta una minaccia per la vita e la debilitazione cronica colpisce non più di cinque individui su diecimila; 2) che non esistono metodi di diagnosi o cura già autorizzati per le affezioni sopra descritte o, se invece queste esistono, il  farmaco abbia effetti significativi per le persone colpite da tali affezioni.

L’individuazione del farmaco orfano rende possibile per lo Stato prevedere adeguate forme di incentivi per la produzione e la distribuzione di questi farmaci, nonché per lo studio e la ricerca volta alla realizzazione di nuove sperimentazioni. Tutto questo rimarrebbe una disposizione vuota se non fossero previste nel testo di legge facilitazioni per il malato nell’acquisire il farmaco mediante la garanzia di un accesso omogeneo ai farmaci da parte dei pazienti rari, una volta completato l’iter autorizzativo a livello nazionale da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco.

Nel testo, però, sono presenti anche altre novità. Si prevede l’istituzione del Centro Nazionale per le malattie rare con compiti di ricerca, consulenza e documentazione sulle malattie rare e sui farmaci orfani e con il compito della gestione del Registro nazionale delle malattie rare. Si istituisce il Comitato nazionale per le malattie rare composto da rappresentanti delle istituzioni (come, ad esempio, del Ministero della Salute e del Ministero dell’Università e della ricerca) e gli enti delle società scientifiche che consentiranno di svolgere le funzioni volte a definire le linee strategiche delle politiche nazionali e regionali in materia di malattie rare.

La nascita del Comitato è per Annalisa Scopinaro, presidente di UNIAMO (Federazione Italiana Malattie Rare) lo snodo più importante: «Il fatto che per la prima volta allo stesso tavolo decisionale siedano tutti gli interlocutori, sullo stesso piano, potrebbe aiutare ad affrontare le questioni a livello sistemico. Trovare un accordo potrà essere più complesso, ma ciò che uscirà da quel tavolo avrà il potere di cambiare davvero le cose».

Fondamentale sarà la collaborazione tra i medici e il paziente per la predisposizione del piano diagnostico terapeutico che individua i trattamenti sanitari che saranno a carico del Servizio Sanitario Nazionale e che consente di definire i trattamenti e monitoraggi di cui la persona affetta da una malattia rara necessita.

Il Piano Nazionale per le malattie rare approvato ogni tre anni con il quale si definiscono gli obiettivi e gli interventi nel settore delle malattie rare consente di poter avere una programmazione degli interventi e di aggiornare le forme di tutela e di cura agli ultimi risultati della ricerca medica e scientifica in genere. È previsto anche un processo formativo per gli operatori che saranno più a contatto con le persone malate e un’attività di sensibilizzazione dell’opinione pubblica.

Diversi sono i punti, tuttavia, che le associazioni ritengono migliorabili nel testo in approvazione; prima fra tutti la scarsezza delle risorse stanziate nel Fondo di solidarietà che, allo stato attuale, prevedrebbe un’assegnazione irrisoria per il singolo malato. La fase applicativa sarà fondamentale anche per capire in qual modo e quale debba essere lo stanziamento di risorse prevedendo anche di poter prevedere un apporto importante da parte delle risorse provenienti dal PNRR, con riguardo agli obiettivi previsti nella Missione 6, Salute.

Dal momento dell’entrata in vigore della legge, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, decorreranno infatti i termini entro i quali produrre cinque atti necessari alla sua piena attuazione.

  • Entro due mesi deve essere istituito il Comitato Nazionale per le Malattie Rare con decreto del Ministero della Salute.
  • Entro tre mesi deve essere istituito il Fondo di Solidarietà per le persone affette da malattie rare con decreto del Ministero del Lavoro di concerto con Ministero della Salute e MEF.
  • Vi sono poi due accordi che devono essere presi in sede di conferenza Stato-Regioni entro tre mesi: uno è relativo all’approvazione del Secondo Piano Nazionale Malattie Rare e riordino della Rete; l’altro è un accordo con cui dovranno essere definite le modalità per assicurare un’adeguata informazione a professionisti sanitari, pazienti e famiglie.
  • Entro sei mesi servirà anche un Regolamento del Ministero della Salute, per stabilire i meccanismi degli incentivi fiscali in favore dei soggetti, pubblici o privati, impegnati nella ricerca e produzione dei farmaci orfani.

Fondamentale sarà il prosieguo della collaborazione tra le persone con malattie rare, le loro famiglie e i soggetti istituzionali che dovranno assumere le decisioni: collaborazione che si è si è rivelata metodo efficace per la redazione del testo di legge.

 

[1] Si veda, a tal, proposito la circolare del Ministero della salute – Direzione della programmazione sanitaria, del 26 novembre 2018, che reca indicazioni sull’ applicazione del decreto.