La tecnologia (dal greco τεχνολογια) è, nella sua accezione etimologica, un ‘discorso’ (logos) su una ‘tecnica’ (techne).Tecnologia è un termine dal significato ampio perché molteplici sono le tecniche che si possono considerare: le telecomunicazioni, l’informatica, i nuovi materiali, l’ingegneria biomedica sono solo alcuni esempi delle tecnologie odierne.

Tecnologia è un termine moderno con una portata ed un senso maggiori rispetto a quello di “tecnica”, in quanto, riprendendo proprio la base etimologica, il ‘discorso su una tecnica’ esprime non solo le tecniche in sé ma anche l’adozione di processi che ne consentano un uso ottimale.

Nel mondo classico, secondo la definizione di Aristotele, la tecnica indicava l’azione di ciò che l’uomo produce al fuori di sé. Il mondo classico, tuttavia, non possedeva alcuna mentalità tecnica.  È solo con l’epoca moderna, a partire dal Rinascimento, che l’uomo acquisisce piena consapevolezza delle proprie capacità e si afferma l’idea di un uomo “creatore”, «capace di stabilire a piacimento le proprie mete»[1]. Questa visione di esaltazione dell’uomo e della sua libertà si rafforza nel XIX secolo con la seconda rivoluzione industriale, in cui la tecnologia, affermandosi in numerosi settori della produzione industriale, dell’energia, nelle nascenti comunicazioni ed in medicina, diventa sinonimo di progresso e benessere.

Dalla seconda metà del XX secolo, però, questa visione entra in crisi. Romano Guardini, in un saggio scritto nel 1950[2], scrive che l’idea di tecnica dell’epoca moderna, fondata su un’idea di progresso e di utilità, è entrata in crisi con il secondo conflitto mondiale. Dall’esperienza della guerra è uscito un «uomo ordinato alla tecnica», un uomo che «sa che non si tratta né di utilità né di benessere, ma di dominio», dominio che comporta «sterminate possibilità di costruzione, ma anche di distruzione, specie dove si tratta della natura umana». L’uso di tecnologie mai sperimentate in precedenza, tra cui in primis l’arma nucleare, hanno determinato sconcerto e preoccupazione per il futuro dell’uomo: «o l’uomo – secondo Guardini – riesce a realizzare come si conviene la sua opera di dominazione e questa sarà immensa, o sarà la fine di tutto».

Sgomento e pericolo di fronte all’«inizio di un’era atomica», affiorano anche nel pensiero di Martin Heidegger[3]. Il tema della tecnica è centrale nella riflessione heideggeriana: «Il mondo si trasforma in un completo dominio della tecnica. Di gran lunga più inquietante è che l’uomo non è affatto preparato a questo radicale mutamento del mondo»[4]. Siamo negli anni ’50 e l’energia atomica si rivela nel suo dualismo: dopo essersi manifestata come arma di distruzione, promette ora di servire anche per scopi pacifici, producendo grandi quantità di energia attraverso i reattori nucleari. Nella presa di coscienza che «lo sviluppo della tecnica diventerà nel frattempo sempre più veloce, non potrà arrestarsi in nessun luogo» e senza voler assumere una posizione tecnofoba, poiché «sarebbe folle slanciarsi ciecamente contro il mondo della tecnica», Heidegger però afferma che: «È necessario […] salvare l’essenza dell’uomo, è necessario tener desto il pensiero». La “via del pensiero” è la soluzione proposta da Heidegger di fronte al pericolo di una «totale assenza di pensiero», al rischio di un mondo in cui “invenzione” e “pensiero calcolante” diventino l’unica dimensione dell’uomo.

Anche nei testi di Guardini la risposta sul futuro non lascia spazio al pessimismo, viene richiamato piuttosto un atteggiamento umano che sia di “solidarietà”. La solidarietà, anche nel contesto di oggi, in cui una lettura dell’avanzamento delle tecnologie in chiave di “dominio” è ancora attuale, è la strada da seguire. È compito dell’uomo promuovere tecniche e tecnologie che, avendo come unico obiettivo il benessere dell’uomo e un miglioramento delle sue condizioni di vita, siano orientate ad un uso responsabile, che superi le disuguaglianze e tuteli i più deboli, che sia fondato sulla sostenibilità e che operi nel pieno rispetto del patto generazionale.

[1] Romano Guardini, “La fine dell’epoca moderna. Il potere.”, 1950.

[2] Romano Guardini, idem.

[3] Martin Heidegger, “La questione della tecnica”, 1954.

[4] Martin Heidegger, “L’Abbandono”, 1959.