Frate francescano, padre Ibrahim Faltas è Vicario della Custodia Francescana di Terra Santa a Gerusalemme, Membro del Discretorio

 

Abuna Ibrahim, grazie per aver accettato l’invito a dialogare con noi. Trenta anni passati tra Betlemme e Gerusalemme è un lungo ed intenso periodo. Quale è stato il suo impegno in Terrasanta?

Grazie a voi per darmi l’opportunità di parlare dell’amata Terra Santa e della mia esperienza di vita in Terra Santa.

Sono arrivato dall’Egitto a Gerusalemme nel 1989. Ho studiato presso lo Studium Teologicum Jerosolytanum per conseguire il Baccalaureato in Teologia. Sono stato ordinato sacerdote il 28 agosto 1992, dopo l’ordinazione sono stato nominato vice parroco a Betlemme e dal 1993 al 1995 ho diretto la Terra Santa School di Gerico. Nel 1995 sono stato nominato Direttore del Collegio di Terra Santa di Betlemme, Direttore del Casa Nova di Betlemme e responsabile dello Statu Quo della Basilica della Natività. Dal 2004 sono stato Parroco della Parrocchia latina di Gerusalemme fino al 2010, poi Economo Custodiale per sei anni. Dal 2016 al 2022 sono stato eletto consigliere della Custodia di Terra Santa. Sono stato eletto nel 2022 Vicario della Custodia di Terra Santa, sono anche responsabile delle relazioni fra la Custodia e lo Stato d’Israele e l’Autorità Palestinese, direttore delle diciotto scuole della Custodia di Terra Santa e direttore del Casa Nova di Gerusalemme. Tanti impegni che mi hanno permesso di conoscere profondamente questa terra e di stabilire legami forti con persone, realtà e istituzioni. Sono trentacinque anni che vivo in Terra Santa ed è una grazia per me aver vissuto questa esperienza umana e spirituale.

“Siamo di fronte a luoghi dove si sono svolti gli eventi che riteniamo i più importanti della storia, dove il cielo ha toccato la terra”. Queste parole sono state pronunciate dal Cardinal Carlo Maria Martini. È un privilegio vivere in questi luoghi, ma anche una missione…

Ho conosciuto molto bene il Cardinale Martini quando era Arcivescovo di Milano. L’ho incontrato molte volte nei suoi anni trascorsi a Gerusalemme, anni in cui ero parroco e spesso si riferiva a me in questo ruolo dicendo: “Tu sei il mio parroco!”.

Le sue parole erano dettate dalla profonda conoscenza delle Sacre scritture e dalla Fede salda che lo sosteneva. I Luoghi Santi della Terra Santa sono i luoghi dove il Mistero di Dio si è fatto Uomo, dove è avvenuta l’Incarnazione grazie al Sì di Maria Santissima, dove Gesù Cristo ha dato la vita per l’umanità, assicurandoci la Salvezza eterna. Il cielo qui ha toccato la terra e, come dice il Salmo, tutti qui siamo nati. Sono luoghi santi ma sono anche luoghi dove si vivono tensioni e conflitti da anni. Sono luoghi di missione per le necessità oggettive di dare aiuto e sostegno ai nostri fratelli. La Custodia di Terra Santa è presente in questa area del Medio Oriente da più di 800 anni, siamo presenti in Palestina, in Israele, in Libano, in Siria, in Egitto, a Rodi e a Cipro, in Italia. Custodiamo i Luoghi Santi della Terra Santa e le Pietre Vive, le persone che la abitano. La Custodia è impegnata a dare sostegno in vari settori ma principalmente offriamo istruzione, lavoro, alloggi e siamo sempre disponibili a supportare progetti di sviluppo e di crescita, soprattutto per la convivenza pacifica fra i popoli. Siamo missionari nei luoghi dove è vissuto Nostro Signore, primo missionario nel mondo, e seguendo le Sue orme e quelle del serafico Padre San Francesco, cerchiamo di essere strumento di pace in una terra così travagliata e mortificata dalla violenza e dall’odio.

Lei ha vissuto la prima e la seconda intifada (2000-2005). Durante quest’ultima, dal 2 aprile al 10 maggio 2002, a Betlemme avvenne l’assedio alla basilica della Natività dove si asserragliarono 240 miliziani palestinesi; fu un momento drammatico in cui tutto il mondo trattenne il respiro e di cui lei è stato testimone diretto. Ce lo racconta? Ha mai avuto paura di non uscirne vivo? È vero che la telefonata di Giovanni Paolo Il fece il miracolo?

È stato un periodo veramente difficile. Venivamo da due intifada che avevano ulteriormente allontanato le relazioni fra israeliani e palestinesi. Il tanto atteso Anno Santo era stato sconvolto dalla seconda intifada e, nonostante le difficoltà socio-politiche, non ci aspettavamo un evento così sconvolgente. L’esercito israeliano era entrato a Betlemme, con l’intenzione di occuparla, con un grande dispiegamento di forze e mezzi militari. Erano arrivati fino alla Piazza della Mangiatoia e le persone che si trovavano sulla piazza, si sentirono accerchiate e corsero verso la Basilica della Natività, rifugiandosi all’interno. Eravamo sconvolti e accerchiati anche noi comunità cristiane che vivono nei conventi intorno alla Basilica. All’interno i palestinesi e all’ esterno l’esercito israeliano: un vero e proprio assedio che iniziava e che non capivamo come gestire. Eravamo trenta frati di diciassette nazionalità diverse e quattro suore Minime, ci mancava cibo, elettricità, medicine, abbiamo avuto paura ma non avevamo alcuna intenzione di lasciare il luogo della nascita di Gesù. Più volte sono stato obiettivo di colpi dall’esterno, ho vissuto momenti di grande pericolo, ho cercato di non cedere alla paura ma non pensavo di uscire vivo da questa situazione. I giorni passavano, non vedevo cambiamenti positivi anzi ero preoccupato per l’aggravarsi del contesto: gli israeliani avevano ucciso otto palestinesi e sette erano stati feriti gravemente all’interno dei cortili dei conventi, se fossero usciti tutti gli altri sarebbero sicuramente stati uccisi. Ho capito che il Signore voleva che mi rendessi mediatore fra le due parti per evitare altre perdite di vite umane e incominciai a farli dialogare. Cercavo di riportare richieste e necessità delle due parti e molte volte si ritornava al punto di partenza. La telefonata del Papa arrivò in un momento delicato e sentire le parole di Giovanni Paolo II fu la spinta forte per accelerare la conclusione positiva e meno sanguinosa possibile. “Coraggio, abbiate coraggio, continuate a resistere e a custodire i Luoghi Santi. Io prego per voi”. La chiamata di Giovanni Paolo II per me è stata effettivamente un miracolo perché ha evitato un massacro quasi annunciato. Erano scese in campo le diplomazie internazionali in quei terribili e lunghi 39 giorni, ma avevamo le preghiere del Papa a sostenerci in una prova così difficile.

“Dall’assedio della Natività all’assedio della città – Betlemme 2002-2012” è il titolo di uno dei libri che Lei ha scritto. Dal 16 aprile 2022 un grande muro divide popoli, vite ed anche speranze; come si è evoluta la situazione in questi anni e sino ai giorni nostri? Lei è un testimone di Pace: quanto è importante riscoprire la fraternità per non “sprecare” la pace?

L’inizio della costruzione del muro risale a molti anni fa, quello che vediamo ora è iniziato a marzo 2004 ma già prima Betlemme era divisa da Gerusalemme, da cui dista circa dieci chilometri, da check point e da altre limitazioni. Dopo la costruzione del muro, la distanza fra i due popoli è più visibile e le difficoltà sono tante soprattutto per i betlemiti e gli abitanti della Palestina in Cisgiordania. Pensando agli ultimi anni, devo però riconoscere che si era creato un certo equilibrio fra le relazioni che dal 7 ottobre è completamente scomparso. Prima palestinesi e israeliani che per necessità dovevano dividere spazi di lavoro o altre situazioni riuscivano a stabilire un rapporto, una relazione. Ora non è proprio possibile: si è diffusa la diffidenza, la paura dell’altro, si sono insinuati l’odio e la divisione.

Ogni 25 dicembre in tutto il mondo si rinnova il mistero del Natale. Quest’anno a Betlemme un mucchio di macerie davanti alla Basilica della Natività ha preso il posto del presepe, quest’anno non sembra che sia Natale in Palestina.

E’ stata un immagine forte ma realista. Il Principe della Pace è nato in una situazione simile a quella di 2023 anni fa. A Betlemme si viveva il tempo forte dell’Avvento con un atmosfera gioiosa e il Natale arrivava in un clima festoso pieno di luci e colori e con numerosi pellegrini provenienti da tutto il mondo. Quest’anno abbiamo avute le celebrazioni religiose nei tempi e nei modi regolati dallo Statu Quo ma non ci sono stati eventi esteriori che negli anni scorsi coinvolgevano tutta la città. Alle celebrazioni è stato emozionante vedere i cristiani locali, riuniti come comunità, a pregare per la Pace. Purtroppo i visi e gli occhi tristi della gente, soprattutto dei bambini, fanno trasparire la sofferenza della guerra e la paura di un futuro ancora più incerto rispetto a prima del 7 ottobre.

Essere testimoni di pace è un impegno fondamentale per ogni cristiano. Sono un testimone oculare di quanto accade in questa regione per l’esperienza acquisita in questi anni vissuti in Terra Santa. Ho incontrato tante persone e ho stabilito relazioni fra loro, cercando sempre di creare contatti solidi e possibilità concrete di unire per costruire.

Noi cristiani, soprattutto in Terra Santa, siamo costruttori di pace. Sentiamo forte il bisogno di accogliere e di sostenere chi come noi cerca di costruire la pace. In ogni occasione, veniamo riconosciuti come mediatori e come facilitatori di relazioni. “Sfruttiamo” ogni possibilità per rendere possibile una convivenza pacifica fra questi popoli e non “sprechiamo” le occasioni non solo per parlare di Pace ma per promuovere progetti concreti che la rendano possibile. Ho favorito progetti di educazione alla pace facendo incontrare ragazzi israeliani e palestinesi in Italia, in Giappone, in Svizzera. Questi ragazzi mi hanno confermato che dopo quei progetti e’ nata una bella relazione fra loro, continuano a sentirsi, a scambiarsi idee ed opinioni anche dopo il 7 ottobre. Si sentono e chiedono notizie reciprocamente. Sono sicuro che il seme della pace darà buoni frutti!

Abuna Ibrahim, nel corso di una mia ultima visita alla Scuola di Gerusalemme che Lei dirige, ho visto bambini mussulmani e cristiani cantare insieme, possiamo dire al mondo che sono proprio loro, i bambini, la nostra speranza di pace?

Nelle nostre scuole accogliamo studenti di ogni religione. Abbiamo anche studenti e insegnanti israeliani nella scuola di Musica Magnificat. I bambini non fanno nessuna distinzione di religione, giocano, cantano e imparano insieme. Sono rispettate le necessità reciproche e insieme crescono in un clima sereno perché favoriamo una cultura di pace. Al mattino recitano insieme la preghiera semplice di San Francesco: Signore fa di me uno strumento della tua pace. Continuiamo a lavorare su questa strada per il loro futuro di uomini e di donne che abiteranno questa terra. Sono loro che ci stupiscono con pensieri, parole, canti che fanno trasparire paura e preoccupazione ma anche tanta voglia di vivere in pace e in sicurezza.

Abuna Ibrahim, nelle Sue recenti interviste l’abbiamo ascoltata rivolgere un appello alle Potenze internazionali affinché esse fissino la data per l’istituzione della formula “due popoli, due stati”. Lei crede veramente che questa sia ancora una soluzione praticabile? In conclusione, Le vorremmo chiedere una cosa che sta a cuore a tutti i cristiani nel mondo. In questi anni i cattolici in Terra Santa sono ancora diminuiti di numero; sia i palestinesi che gli israeliani si sono radicalizzati maggiormente. Come valuta la strategia che, negli anni, queste tre componenti hanno perseguito? Come possiamo reagire all’evidente degrado della vita sociale e politica di questo “complicato” Paese?

L’ho pensato e lo penso ancora perché questo è il momento giusto per porre fine a questa tragedia anche se non sta a me o a noi comunità religiose dare indicazioni politiche su come risolvere la questione mediorientale. Questa guerra, che dura da più di tre mesi, ha un bilancio sconvolgente. Più di 30.000 morti, di cui 10.000 bambini,  60.000 feriti, 10.000 persone ancora sotto le macerie, 40.000 orfani a causa della morte di tante donne. A Gaza più del 70 per cento delle abitazioni sono state distrutte insieme a tanti servizi ed istituzioni: ospedali, scuole, chiese e moschee. Manca tutto: cibo, acqua, elettricità, medicine. Anche a Betlemme, a Gerusalemme, in Cisgiordania la situazione sta ulteriormente peggiorando. Le immagini e le notizie ci sconvolgono: abbiamo perso troppe vite, cosa si aspetta a fermare questo massacro? La gente sta malissimo, tutte le persone stanno male, israeliani e palestinesi, ebrei, musulmani e cristiani. Tutti, senza nessuna distinzione.

Papa Francesco si rivolge a chi può intervenire in modo forte a fermare la guerra e a cessare il fuoco perché è il primo passo per tornare a parlare di trattative per definire questa situazione terribile. In questo momento storico è responsabilità della comunità internazionale porre fine a questa tragedia che si sta prolungando e sta provocando morte, distruzione e sofferenza. Il mio è e continua ad essere un appello a chi può intervenire e non si assume la responsabilità di fronte alla Storia di non averlo già fatto.

La nostra forza è Cristo. Nel suo nome agiamo e alla Sua misericordia ci affidiamo.

Purtroppo siamo una minoranza in Terra Santa, terra di Cristo e la situazione socio-politica di tanti anni passati e la guerra di questi mesi fa aumentare i disagi e le difficoltà. Come Custodia di Terra Santa siamo in continuo ascolto delle parti in conflitto, percepiamo le sofferenze e le preoccupazioni di tutti, cerchiamo di favorire relazioni fra questi popoli. I cristiani di Terra Santa, pur essendo rispettati e stimati dagli appartenenti ad altre religioni, non hanno molte possibilità di rimanere a vivere nella loro terra di origine per la mancanza di lavoro e per l’instabilità di questa regione. La Custodia di Terra Santa, con l’aiuto di Dio e con il supporto di tanti benefattori continua con determinazione a sostenere i fratelli cristiani a rimanere in Terra Santa offrendo lavoro, istruzione e altro genere di sostegno. I Luoghi Santi senza i cristiani locali diventerebbero solo un patrimonio artistico importante ma svuotato dalla preghiera di chi qui è nato e qui si è formato cristianamente. Papa Francesco prega e chiede di pregare costantemente per la Pace e per la fine della guerra. Lo chiedo anche io: pregate, c’è un forte bisogno di preghiere per la Terra Santa e per il mondo intero!