di FUCI – Federazione Universitaria Cattolica Italiana

Come si interrogava Giuseppe Lazzati nella Milano del secondo Dopoguerra, così anche noi giovani della FUCI – Federazione Universitaria Cattolica Italiana – ci chiediamo come cercare, trovare e testimoniare Dio nelle nostre città oggi, rinnovando il suo appello ad una riflessione che metta al centro la realtà urbana e che riconosca l’attualità di tale provocazione. La città non è solo una realtà di incontro umano e comunitario, di relazioni e di opportunità sociali, ma anche un luogo teologico. Un luogo, cioè, in cui possiamo trovare un frammento della Rivelazione, in cui è possibile riscoprire la presenza del sacro “non come realtà chiusa e circoscritta alle mura delle chiese e delle cattedrali, non come spazio di esclusione, ma come realtà che include, che estende i propri confini, che si allarga ad ogni frammento dell’umano”, citando una nota della Presidenza Nazionale FUCI.

Come opportunità e sfida sempre nuova di testimonianza, la città è l’attuale direzione di evangelizzazione della Chiesa “in uscita”,  secondo l’invito ripetuto con vigore da Papa Francesco. Il pontefice, già nel suo nel suo messaggio al Gran Cancelliere dell’Università Cattolica argentina, nel 2015, aveva chiesto di “non accontentarsi di una teologia a tavolino, ma di adottare come luogo di riflessione le frontiere”. La città è quindi il primo luogo in cui ci è chiesto di incarnare questo nuovo sguardo. “Si tratta di invertire il paradigma classico che procede dal testo al contesto, dalla Parola alla storia, e passare a quello che procede dal contesto al testo, ossia dalla concretezza della vita alla sua lettura teologica”, spiega  Mons. Ignazio Sanna, vescovo emerito di Oristano e già presidente della pontificia Accademia di Teologia, ai quasi cento giovani universitari cattolici radunati nel monastero benedettino di Camaldoli (AR) per la consueta Settimana Teologica. L’invito è a passare dal metodo deduttivo a quello induttivo, per cui il fare non deriva dall’essere ma viceversa, e arrivare così a definire un nuovo percorso teologico che ha nelle storie di vita, nelle situazioni umane, nelle vicende esistenziali il suo punto di partenza. In quest’ottica, la storia delle singole persone e delle comunità, civili e religiose, è considerata come luogo teologico imprescindibile, una dimensione cioè in cui avviene realmente l’incontro diretto con il Dio vivente, che abita costitutivamente la nostra quotidianità.

“Come Dio si manifesta in questo determinato contesto? Come lo incontro?” sono gli interrogativi di partenza, che precedono il confronto con il riferimento biblico, il quale non è la fonte univoca della rivelazione divina bensì l’elemento alla luce del quale rileggere l’esperienza della quotidianità individuale e della storia collettiva. Incarnando tale prospettiva, troviamo la manifestazione concreta di Dio nell’altro, in modi e caratteristiche che si declinano diversamente a seconda degli ambiti che analizziamo. Ad esempio, durante gli anni della formazione universitaria, la Sua presenza si può scoprire nel desiderio di ricercare un’unità di senso che superi la frammentazione delle conoscenze specialistiche e, in ambito educativo, nel promuovere l’espressione autentica di sé stessi, attraverso un processo di educazione alla libertà.

Riconosciamo quindi che va ricostruito il connubio tra teologia e pastorale, perché l’incontro tra il sapere e l’agire non è opzionale, bensì costitutivo dell’essere Chiesa in cammino nel mondo verso la “Città di Dio”.

Come l’urbanizzazione interroga quindi la comunità ecclesiale? Quale impegno di evangelizzazione ci richiede oggi la società italiana? Quali urgenze esigono un impegno pastorale rinnovato da parte della Chiesa, chiamata ad essere immersa nella realtà e capace di stare nelle sue ferite? Questi alcuni degli interrogativi su cui ci siamo soffermati con Mons. Luca Bressan, vicario episcopale della diocesi di Milano. Sentiamo, infatti, l’impellenza di una riflessione approfondita e condivisa rispetto alle nuove sfide socio-culturali che tutti insieme come Chiesa ci troviamo a affrontare, a partire dalla trasformazione della vita urbana. Nella città il ruolo aggregativo delle parrocchie è messo in crisi dal superamento della stanzialità territoriale a favore di un dinamismo sempre più accentuato, per cui le comunità cristiane nel trapasso generazionale perdono progressivamente forza coesiva. Si fatica a riconoscere in esse la potenzialità di fornire un supporto alla ricerca di senso, una dimensione di unitarietà che consenta di superare la frammentarietà, cifra dell’esistenza attuale. Ciò è ben esemplificato dal simbolo del campanile che ormai, da tempo, ha smesso di essere il polo di riferimento principale cedendo spazio – architettonico e simbolico – ad altri templi del potere economico-finanziario, politico, tecnologico. Ora, per le parrocchie non si tratta più solamente di dover ripensare la redistribuzione degli spazi in modo funzionale alle attività e sostenibile per le ridotte dimensioni delle comunità, ma di accogliere la richiesta di necessità pastorali nuove dalla realtà che si evolve.

Quello che propone Mons. Bressan è di riscoprire il principio dell’incarnazione della fede, cioè “quel cercare Dio nella fatica delle cose di ogni giorno”, nella quotidianità dei nostri vissuti e delle nostre esperienze. La sfida per testimoniare la fede oggi è scommettere sulla pienezza di una vita alla luce della Parola, capace di rispondere alle esigenze di senso che abitano il cuore dei giovani: “ridare carne alla fede, ridare corpo alla Chiesa”. È necessario oggi offrire degli spazi e delle esperienze ricchi di un’eccedenza di senso, di un di più che può dare valore anche alle più piccole azioni. Le cose di ogni giorno, come scrive Karl Rahner, sono foriere di eternità, “gocce d’acqua nelle quali si riflette tutto il cielo”.

Per rispondere a queste sfide come FUCI ci siamo interrogati su quali urgenze di pastorale riconosciamo come prioritarie. Prima fra tutte la necessità di creare maggiore sinergia tra le varie associazioni, movimenti, aggregazioni che compongono la Chiesa, per poter offrire delle proposte strutturate in un quadro più organico. Ciò è da compiersi con la finalità di includere con cura particolare chi non ha già un cammino formativo di fede alle spalle, chi cerca un modo per coltivare la propria dimensione spirituale, chi ha una visione di Dio incerta o un rapporto compromesso da recuperare, chi per esigenze di studio o lavoro si trova a doversi muovere dalla propria parrocchia di origine non riuscendo così a sentirsi più parte di una comunità cristiana. Inoltre, la città, luogo del molteplice e crogiolo di diversità per eccellenza, espone massicciamente all’esperienza della confusione degli stimoli che anestetizza e isola, acuendo il senso di fragilità che ciascuno sperimenta. Accompagnare i giovani alla ricerca della propria identità, di senso e di riferimenti condivisi saldi è pertanto un’altra delle urgenze pastorali attuali. Occorre farlo con proposte non calate dall’alto, ma che coinvolgano attivamente i ragazzi e le ragazze, lavorando per creare spazi di libertà e di responsabilità all’interno e fuori dai contesti parrocchiali.

La realtà urbana si qualifica, quindi, come la nuova frontiera di evangelizzazione. Come parlare di Dio oggi? Come testimoniarlo nelle città che abitiamo? La domanda è tanto viva quanto la risposta antica, sebbene non certo conclusiva: dall’esperienza dell’incontro personale con Cristo si sprigiona la forza comunicativa del messaggio evangelico. Come già ci indicava Paolo VI: “Siate voi stessi. Nella misura in cui siete voi stessi, riuscite a dare un’autentica testimonianza”.

E se ritorniamo, in conclusione, alla domanda di Lazzati: “Come costruire da cristiani la città dell’uomo?” comprendiamo come in realtà sia ancora il cuore dell’interrogativo che da cristiani possiamo porci oggi, quando ci chiediamo come trovare e testimoniare Dio. Perché se la teologia non è semplice erudizione, speculazione per addetti ai lavori, ma impegno a trovare e realizzare nelle cose di ogni giorno il riflesso di quella pienezza di vita che ci attende, allora cercare, incontrare, testimoniare Dio nelle nostre città non vuol dire solamente dedicare alla preghiera e alla vita ecclesiale una parentesi della nostra esistenza, ma vivere secondo lo Spirito tutto il nostro tempo – quello dello studio, del lavoro, dell’impegno civico etc.- e abbracciarne le sfide e le opportunità. Come scrive in una nota la presidenza FUCI: “ È una città esigente questa che siamo chiamati ad abitare come cristiani e a vivere ogni giorno secondo il Vangelo, perché se l’incontro con Dio è qui, adesso, nella storia, nelle nostre città, non possiamo restare in attesa di un’altra vita. Occorre metterci in cammino e lavorare insieme per realizzare ora il tempo promesso!”.