“Ciò che non rigenera, degenera” (Edgar Morin). Per rigenerare, dobbiamo aver chiaro chi vogliamo diventare. E’ questa la domanda che ci siamo posti in questo momento di condivisione: chi vogliamo essere?

Le strade sembrano due. La prima è quella dei “sì”.

“Sì” a migliorarci come una Comunità pensante di persone al servizio del Paese. Comunità autentica, fondata su relazioni di fraternità e su uno spirito di condivisione. Lo ricorda bene Martin Buber: la vita umana non può ridursi al perimetro dei verbi transitivi: ciò che io faccio, mangio e così via. Abbiamo bisogno di un Tu.

“Sì” ad essere un riferimento culturale per il Paese, in grado di ispirare, in politica, un’idea di centro “inteso come «centralità», un metodo, un’antropologia, un gradualismo di riforme, la moderazione dei linguaggi, il rispetto dell’avversario, la cultura della mediazione” come ricorda p. Occhetta nel suo editoriale del 20 agosto. Perché, aggiunge, “la “moderazione”, “deve operare come il lievito, servendo alla democrazia per lievitare. Essere moderati è un modo di vivere lo spazio pubblico, un’attitudine riconciliativa, mite, non gridata, mai estrema”. Sono gli ideali che hanno animato uomini come Sturzo, De Gasperi, Moro, Martinazzoli.

“Sì” ad essere uno spazio generativo, una casa comune in cui i nostri volti, le nostre competenze e il nostro metodo possano dar vita ad una connessione virtuosa. Connettersi combatte quell’anonimato che Heidegger descrive così: ognuno è gli altri e nessuno è sé stesso. Ed invece, ciascuno di noi è “unico come gli altri”.

In altri termini, il nostro è un accorato “sì” alla Politica con la P maiuscola.

È un “sì” alla scelta che Paul Ricoeur riconduce all’etica del compromesso, sul cui altare non è richiesto di sacrificare la propria identità né i propri principi. Etico non è il compromesso con la propria coscienza, ma la strada che quotidianamente e faticosamente si percorre con sé stessi e con gli altri, alla ricerca continua, concreta e prudente del bene migliore possibile. Kant, lo aveva intuito. La Politica non farà un passo in avanti se non avrà dato precedenza all’etica. Dire “sì” è solo apparentemente facile. Il “sì” è frutto di una scelta.

Del coraggio di aver già percorso l’altra strada, la seconda a cui prima mi riferivo: quella dei “no”.

“No” alla logica competitiva, in cui l’altro non è il fratello ma l’avversario, il competitor da abbattere per far carriera: da soli è possibile si arrivi prima ma insieme si va lontano.

“No” alla ricerca del protagonismo senza contenuti, come quello degli influencer: il sacrificio della formazione premia.

“No” ad un’idea povera dello Stato e delle sue Istituzioni.

“No” alle fascinazioni della macchina mediatica e del consenso, rischiando di finirne ostaggi.

Sono questi solo alcuni intendimenti, emersi dal tavolo comune di riflessione, che rafforzano la nostra amicizia, la nostra fraternità, necessarie a ricostruire libertà e uguaglianza.

Comunità di Connessioni, ancor prima di costituirsi in associazione, si è sempre contraddistinta per tre caratteristiche che sono riassumibili in 3 parole: formazione – amicizia – gratuità. Queste, se lette insieme, costituiscono la parola Comunità.

La formazione e l’amicizia sono probabilmente le caratteristiche che meglio si notano a Connessioni, la gratuità invece è qualcosa che alle volte passa inosservata, alle volte viene data per scontata. Ma è proprio la gratuità che ha contraddistinto e contraddistingue Comunità di Connessioni rispetto a tante realtà nel mondo della formazione e dell’educazione politica.

Una proposta di metodo: vivere con semplicità. Erroneamente, lo spirito di quest’epoca disprezza ciò che è semplice, che non crede profondo e si compiace del complicato che considera, viceversa, profondo.

Su questi sentimenti, si dischiudono queste parole di Alda Merini: “la semplicità è mettersi nudi davanti agli altri. Non ci esponiamo mai. Perché ci manca la forza di essere uomini, quella che ci fa accettare i nostri limiti, che ce li fa comprendere, dandogli senso e trasformandoli in energia, in forza appunto. Io amo la semplicità che si accompagna con l’umiltà”.

Un grazie sincero a chi tra noi si impegna, giorno dopo giorno, silenziosamente per tutte le nostre attività. Del resto, “ciò che l’albero ha di fiorito vive di ciò che tiene sepolto” (Bernárdez). Grazie soprattutto a Francesco Occhetta, il nostro fondatore e riferimento senza il quale tutto questo non sarebbe stato possibile.