di Giuseppe Bova Crispino*

 
 
 
I capi stato e di governo, in occasione del Consiglio europeo del 23 aprile, hanno approvato tutte le misure su cui i loro ministri delle finanze, in sede di Eurogruppo, avevano già trovato un accordo[1].
 
Si tratta dei seguenti strumenti: il pacchetto di nuovi prestiti per le imprese da parte della BEI sino ad un ammontare di 540 miliardi di euro, il fondo SURE da 100 miliardi di euro per integrare le casse integrazioni dei paesi membri, il Fondo Salva Stati (MES) per le spese sanitarie dirette ed indirette sino a 250 miliardi di euro, il Fondo per la Ripresa (Recovery Fund) con un possibile ammontare di 1.500 miliardi di euro.
 
Le prime tre misure (BEI, SURE, MES), concernenti rispettivamente l’ambito delle imprese, dei lavoratori, della sanità, sono funzionali alla creazione immediata di reti di protezione e sostegno per far fronte all’impatto rilevante della crisi da Covid19 sul sistema economico e sanitario[2]. Si considera, infatti, che saranno misure operative entro il primo giugno. L’accordo, tendenzialmente definito già in sede di Eurogruppo con riferimento al suddetto pacchetto di misure nelle quali si articola una rete di protezione urgente a livello comunitario, comprende anche l’ulteriore importante e non scontata decisione di avviare il Fondo per la Ripresa da finanziare mediante strumenti innovativi in quanto non riconducibili al livello dei singoli Stati nazionali ma al livello comunitario[3].
 
Tale unanime convergenza sulla necessità di costituire un fondo per la ripresa è il risultato maggiormente rilevante del negoziato tuttora in corso fra Paesi membri dell’UE. Ciò appare evidente se si considera la posizione, manifestata da Germania ed Olanda, sino all’ ultimo Eurogruppo, di contrarietà a qualsiasi forma di mutualizzazione del debito. Nelle ultime settimane che hanno preceduto il Consiglio Europeo, si è delineato, con maggiore chiarezza, l’enorme impatto del lockdown in termini di indebitamento su tutti i Paesi membri. La comune consapevolezza, a fronte dei dati preoccupanti forniti, tra gli altri, da FMI e dalla BCE, del conseguente rischio per la stabilità finanziaria dell’intera Eurozona e non solo per questo o quel Paese, ha consentito di giungere dalla mera dichiarazione di intenti dell’Eurogruppo alla definitiva approvazione, da parte del Consiglio Europeo, del Fondo per la Ripresa.
Può affermarsi dunque che, senza dubbio alcuno, dovrà esserci anche il Fondo per la Ripresa (Recovery Fund). Esso dovrà servire a contrastare le conseguenze della recessione che sta arrivando e dunque a dare impulso alla fase della ripresa dopo l’emergenza sanitaria[4]. Il Consiglio europeo ha dato mandato alla Commissione di elaborare una proposta entro il 6 maggio.
 
Spetta dunque alla Commissione l’onere di riempire di contenuti lo strumento, rappresentato dal Recovery Fund, per il momento solo genericamente individuato ed approvato dal Consiglio europeo. La Commissione deve affrontare le seguenti questioni: l’ordine di grandezza del fondo, la natura della garanzia, i beneficiari delle risorse, la natura degli stanziamenti, i tempi di utilizzo concreto dello strumento.
 
Relativamente all’ammontare complessivo del fondo ed all’aspetto collegato della garanzia, alcuni leader hanno dichiarato che non si tratterà solo di miliardi ma di migliaia di miliardi. Si tende a fare riferimento, come dimensione ragionevole, ad un importo pari a 1.500 miliardi di euro di obbligazioni emesse dalla Commissione. Risulta essere condivisa e dunque pressocchè certa, sin da questa fase del negoziato, l’idea di poter utilizzare il bilancio pluriennale comunitario 2021-2027 quale garanzia per un’ emissione comunitaria di titoli tripla A (su cui quindi pagare un basso tasso di interesse)[5].
 
Quanto ai beneficiari delle risorse, una crisi simmetrica, come quella da coronavirus, sta avendo un impatto diseguale su crescita ed occupazione. Sarebbe coerente con tale dato e dunque legittimo che la ripartizione dei soldi reperiti dal Fondo sia anch’ essa diseguale. Ciò significherebbe, in altri termini, che ai Paesi maggiormente colpiti dalla crisi siano assegnate maggiori risorse. Depone in questo senso la proposta avanzata dalla Spagna secondo cui la ripartizione deve essere basata sui criteri della contrazione del Pil e dell’aumento del tasso di disoccupazione.
 
La scelta in ordine alla natura giuridica degli stanziamenti rileva per le seguenti ragioni. Qualora si trattasse di prestiti, essi presenterebbero il problema, comune anche al MES ed al programma SURE, dell’aumento del rapporto debito/Pil dei Paesi membri. Una possibile alternativa sarebbe quella del ricorso (almeno in parte) alle sovvenzioni da parte della Commissione anche finalizzate a finanziare progetti coerenti con le priorità annunciate dalla Presidente Von der Leyen all’ inizio del suo mandato. Tale seconda ipotesi è di gran lunga preferita dai Paesi del sud ma invisa a quelli del Nord che lamentano, peraltro, precedenti non proprio lusinghieri sull’ utilizzo dei fondi comunitari da parte di alcuni Paesi membri (inclusa l’Italia).
Da ultimo il tema della tempistica. Posta un’ approvazione tempestiva del bilancio UE 2021-2027, esso potrebbe essere utilizzato solo a partire dal prossimo anno. Tuttavia, l’urgenza del fondo è tale che sarebbe auspicabile la sua attivazione nella seconda metà di quest’ anno.
 
Appare evidente, per quanto detto, che l’attivazione del Recovery Fund richiede un percorso ancora articolato. I temi sottoposti all’ attenzione della Commissione europea non sono dettagli ma questioni centrali alcune delle quali, essendo foriere di divisioni tra Paesi membri, necessiteranno compromessi per giungere a sintesi possibilmente virtuose nell’ interesse dell’Unione Europea. Il prossimo 6 maggio, dunque, data entro la quale la Commissione presenterà la sua proposta di Recovery Fund, rappresenta una tappa politicamente significativa ma ancora intermedia in un più ampio processo politico istituzionale in corso.
 
* Avvocato esperto di diritto dell’Unione europea
giuseppebovacrispino@gmail.com
 
 
[1] Quanto al testo del Report finale dell’ Eurogruppo tenutosi il 09/04/2020: Report on the comprehensive economic policy response to the Covid -19 pandemic, in http://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2020/04/09/report-on-the-comprehensive-economic-policy-response-to-the-covid-19-pandemic/;
Per un’analisi dei contenuti dell’accordo dell’Eurogruppo: A.VILLAFRANCA, L’accordo europeo ai raggi x, in http://www.ispionline.it/it/pubblicazione/laccordo-europeo-ai-raggi-x-25752;           
[2] Per un approfondimento relativo, in particolare, ai programmi oggetto prima dell’ accordo dell’ Eurogruppo e successivamente approvati dal Consiglio Europeo con l’ obiettivo di far fronte, a breve termine, all’ emergenza covid-19 (prestiti BEI, SURE, MES): A. VILLAFRANCA, cit; BARCI, Le ragioni- e i torti- del dibattito sul Mes, in www.treccani.it/magazine/agenda/articoli/economia-e-innovazione/MES,htlm;              
[3] Con riferimento all’esito del Consiglio Europeo del 23 aprile, VILLAFRANCA, Consiglio europeo: i tre nodi del Recovery fund, in https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/consiglio-europeoi-tre-nodi-del-recovery-fund-25881; FORUM AFFARI INTERNAZIONALI – Gli esiti del Consiglio Europeo del 23 aprile, in http://www.iai.it/it/video/forum-affariinternazioanali-gli-esiti-del-consiglio-europeo-del-23-aprile
[4] P.C. PADOAN: Forum affari internazionali – Gli esiti del Consiglio Europeo del 23 aprile, in http://www.iai.it/it/video/forum-affariinternazioanali-gli-esiti-del-consiglio-europeo-del-23-aprile
[5] Con riguardo al bilancio comunitario pluriennale, C. DIDONE, Il bilancio UE, tra barricate nazionali e buchi di bilancio, in www.treccani.it/magazine/agenda/articoli/scenari-internaziomali/Didone-MFF