articolo tratto dal servizio di Famiglia Cristiana “Imparare a governare partendo dal Vangelo” pubblicato l’1 ottobre 2020.
Una comunità a servizio della politica. Che approfondisce spiritualità e competenze per offrire al Paese un supporto. Ricordando che, anche facendo bene, tutti i giorni, il nostro lavoro nei diversi campi in cui siamo impegnati, diamo un contributo fondamentale per il bene di tutti». Ciro Cafiero, 35 anni, avvocato, presidente di Comunità di connessioni, prova a spiegare l’esperienza che, nata nei locali di La Civiltà Cattolica e oggi spostatasi al Gesù, vive ormai da oltre dieci anni e ha visto passare oltre un migliaio di giovani e meno giovani. «Non siamo un partito», ripete più volte. «Ma agiamo sulla formazione delle coscienze. Il nostro obiettivo non è occupare le prime file, ma, con uno spirito di servizio molto ignaziano, essere disponibili a stare dietro.
Con un supporto fatto dalle nostre competenze e dalla nostra spiritualità e apertura all’altro. Ci pensiamo come una comunità di persone pronta a rendersi disponibile e a seminare un pensiero». Volti, competenze e metodo, come recita il sottotitolo del volume Le politiche del popolo, curato dal gesuita Francesco Occhetta e nato da 19 contributi selezionati dai lavori del gruppo. Una vera scuola di politica che cerca di rifondare su basi nuove una presenza della cultura cattolica nelle scelte decisive del nostro Paese. Volti diversi, per estrazione sociale ed età, per percorsi associativi e movimentistici, per studio e lavoro, competenze, dalle materie della sica a quelle giuslavoristiche. Ma soprattutto un metodo che potrebbe essere adottato dalle nostre diocesi per tornare a pensare e a formare. «Un metodo che si basa su quattro pilastri», spiega padre Occhetta, «innanzitutto la spiritualità per dare forza a parole e a scelte politiche. Spiego le regole di discernimento, l’ascolto dei desideri, la contemplazione, la meditazione del Vangelo. Questo perché le scelte affondino in una dimensione antropologica e morale, ormai quasi dimenticata da una politica molto tecnicizzata». Il secondo pilastro è quello dell’approfondimento.
Chi partecipa alla scuola, un centinaio l’anno i ragazzi selezionati, studiano un problema urgente per il Paese e lo discutono con gli ospiti, in genere ministri, cercando anche delle soluzioni. «È così che si costruisce una politica che non è di gestione del consenso, ma che mette a tema le priorità del Paese», spiega il gesuita. E ancora, terzo pilastro, il lavoro su questioni concrete. «Il discernimento di principi buoni in conflitto perché la politica è anche l’arte di discernere e decidere una cosa rispetto a più soluzioni possibili»; è in questa fase che i partecipanti si conoscono, gestiscono casi concreti, si confrontano, simulano disegni di legge. Infine la condivisione, momenti di amicizia in cui giovani arrivati da tutta Italia si conoscono meglio, dialogano, mangiano qualcosa assieme. Soprattutto si parlano, tra mondi eterogenei che vedono insieme commesse e docenti universitari. Un semestre più “accademico” e un altro con cinque incontri diretti e uno istituzionale nei palazzi della politica. Per poi portare nelle proprie associazioni, nei propri territori, un modo nuovo di confrontarsi.
Parallelamente a Comunità di connessioni va avanti il “gruppo dei 33”, dal numero originario dei componenti, che ogni mese si incontra a Roma. Lettura del Vangelo e poi, alla luce di questo, una relazione specica su una competenza. «Per esempio», dice padre Occhetta, «la nostra fisica ci ha fatto una relazione, basandosi sulle leggi della fisica quantistica, per capire cosa succede quando un sistema (politico) entra in crisi». E ancora una produzione editoriale con podcast sulle parole della democrazia e un blog. Con l’idea di un giornale che offra un editoriale, una analisi di una legge o di un problema e di una riforma possibile. E, inne, una connessione con altri, sul territorio e all’estero, per creare una sorta di “soft power”. «Abbiamo fatto la scelta», conclude padre Francesco, «di non preparare la prima linea politica, ma di stare tutti insieme nella seconda, per offrire le nostre competenze, connettere i territori e le diocesi». Sbilanciando il baricentro anche fuori dall’Italia. In pieno lockdown uno degli incontri più preziosi i ragazzi lo hanno fatto via Zoom con Colin Crouch, uno dei grandi politologi inglesi, teorizzatore della postdemocrazia. Un’ora e mezzo di discussione tra lui e quattro dottorandi. «Un dibattito che ci è molto servito», sottolinea Ca- ero. Anche perché i «due poli su cui stiamo costruendo – perché Roma non si riforma da Roma – sono», conclude padre Occhetta, «i territori e l’Europa.
Dobbiamo rendere sostenibili le città dove viviamo per ridare speranza. E poi costruire l’Europa con i più giovani, che hanno già fatto l’Erasmus, viaggiano e parlano le lingue. La nostra teoria è di riformare l’Italia guardandoci da fuori, non da dentro».