La fraternità si concretizza in molteplici modi e in differenti forme nell’esperienza quotidiana, nelle relazioni di carattere privato così come in quelle connotate da una dimensione pubblica. Si può quindi sostenere che la fraternità è un’esperienza e non unicamente un concetto astratto destinato a rimanere oggetto di studi teorici.

La fraternità è un principio che trova compimento nelle relazioni tra esseri umani che si sentono fratelli e che scelgono deliberatamente di agire in conformità ad esso. Infatti, relazioni informate al principio di fraternità si possono creare solo laddove l’altro venga identificato come fratello. Affinché ciò accada è necessario dirigersi verso l’altro: solo mediante un movimento di avvicinamento all’altro si può meglio scorgerlo come fratello e considerarlo tale.

Il cardinal Carlo Maria Martini, in un passaggio della quinta lettera pastorale al clero e ai fedeli della diocesi di Milano datata 10 febbraio 1985, trattando della carità, descrive efficacemente l’emersione della fraternità (pur non espressamente menzionandola), quando afferma: “Il prossimo non esiste già. Prossimo si diventa. Prossimo non è colui che ha già con me dei rapporti di sangue, di razza, di affari, di affinità psicologica. Prossimo divento io stesso nell’atto in cui, davanti a un uomo, anche davanti al forestiero e al nemico, decido di fare un passo che mi avvicina, mi approssima”[1].

La misura della fraternità è il passo che mi separa dal prossimo, il passo è la distanza tra me e il fratello (o meglio, è la distanza che, una volta superata, permette di considerare l’altro come fratello). È interessante notare come Martini sottolinei che il ‘passo che mi avvicina’ fa diventare prossimi ‘anche davanti al forestiero e al nemico. Vedere nell’altro il fratello significa in una qualche misura riconoscere non solo il ‘buono’ insito in noi ma anche le mancanze, gli errori, i peccati. Nell’omelia del giovedì santo del 1958, don Primo Mazzolari chiama Giuda ‘fratello’, spingendosi a dichiarare: “Ma io voglio bene anche a Giuda: è mio fratello, Giuda”. In questo caso, si tratta di una fraternità incondizionata che implica, nell’individuazione dell’errore altrui, la conseguente presa d’atto dei propri limiti, dei propri fallimenti, dei propri sbagli. Si potrebbe quindi dire che la fraternità può essere la chiave di risoluzione di molti conflitti e la precondizione per poter perdonare (ed essere perdonati).

Tuttavia, la fraternità non può essere ricondotta solamente a dimensioni di prossimità di questo genere, relegandola ai rapporti dei singoli nella sfera della vita privata.

Un esempio di concretizzazione del principio in questione nella sfera della vita pubblica può essere individuato nella sussidiarietà. Quest’ultima condivide infatti con la fraternità l’idea di farsi prossimi a qualcuno, di avvicinarcisi allo scopo di implementare le possibilità di risoluzione di problemi ed esigenze, affrontandoli insieme per camminare vicini.

La sussidiarietà, che condivide con la fraternità il fatto di ‘vivere’ sottoforma di relazioni, trova un suo riconoscimento nell’art. 2 della Costituzione, che enuncia “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità […]”. Appare evidente allora come accanto alla dimensione individuale, un ruolo pivotale nella società lo svolgano i corpi intermedi (le ‘formazioni sociali’) che rappresentano ‘luoghi’ ove prende forma il principio di sussidiarietà. Essi sono l’incarnazione di quell’essere comunità (luogo di legami), che si aggiunge alla dicotomia Stato-mercato non (più) in grado di far fronte alla complessità dei problemi del nostro tempo.

La sussidiarietà è un concetto interdisciplinare che si presta ad essere esaminato sotto molteplici punti di vista, a partire da quello filosofico-antropologico, passando per quello economico e fino a quello giuridico. Data l’impossibilità di occuparsi in poche righe dei vari aspetti summenzionati, pare doveroso spendere alcune parole con riguardo all’ultimo profilo. Infatti, il principio di sussidiarietà ha trovato la sua positivizzazione sia a livello domestico che eurocomunitario. Al di là della sussidiarietà c.d. verticale (cioè quella tra diversi livelli di governo) così come declinata nel Trattato sull’Unione Europea all’art. 5(3) e nella nostra Carta Costituzionale all’art. 118 comma 1, pare interessante concentrarsi sulla c.d. sussidiarietà orizzontale quale principio di regolazione dei rapporti tra l’amministrazione pubblica e la società civile.  L’idea sottesa alla sussidiarietà orizzontale è che la società civile spesso trova dentro di sé, a livello dei singoli tanto quanto a livello associativo, le soluzioni alle questioni che deve affrontare. L’aiuto statale deve pertanto supplire solo laddove la società civile non riesca da sola a far fronte ai propri bisogni e desiderata. Nel nostro ordinamento la ritroviamo all’art. 118 u.c. della Costituzione che recita “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà” (corsivo aggiunto). L’azione sussidiaria dei vari livelli di governo, elencati in un climax discendente dal più lontano al più vicino al cittadino, implica il riconoscimento delle capacità delle persone di porre in essere esse stesse in via primaria e quindi la loro autonomia e la loro libertà. Oltre al recepimento da parte del legislatore del principio di sussidiarietà orizzontale così formulato e dal quale ne sono discese differenti esperienze concrete [2], è importante ricordare come sia possibile vedere nel principio di sussidiarietà una risposta anche al fenomeno della crisi della rappresentanza. Come scrive Giorgio Vittadini, “L’elaborazione teorica del principio di sussidiarietà sembra idonea ad aprire spazi notevoli rispetto al problema delle forme tradizionali di rappresentanza, in virtù della potenzialità del principio a ricollegarsi alla questione della sovranità popolare” [3]. Il generalizzato disinteresse dei cittadini verso la politica istituzionalizzata (ma non verso i temi politici, che sono in fondo le questioni della vita) probabilmente rivela un senso di solitudine dei cittadini. Il problema della solitudine è anche un problema politico con cui le democrazie devono confrontarsi. La fraternità, per mezzo della sussidiarietà, può essere l’antidoto alle solitudini in quanto in grado di costruire comunità, spazi relazionali capaci di vincere la solitudine, dimensione che include anche quanto ci si sente distanti dai politici e dalla politica [4].

Fraternità e sussidiarietà, due facce della stessa medaglia, hanno un denominatore comune: entrambe hanno insita la vocazione ad accorciare la distanza tra ‘io’ e ‘tu’, ad equalizzare.

Sussidiarietà e fraternità sono parole dell’incontro e dell’ascolto, con e dell’altro. Sono anche parole della politica, intesa come generale partecipazione alla vita pubblica. Sono parole che possono essere un buon punto di partenza per impegnarsi a rispondere alle domande che Papa Francesco fa nell’Enciclica “Fratelli Tutti” quando ci chiede: “[…] può funzionare il mondo senza politica? Può trovare una via efficace verso la fraternità universale e la pace sociale senza una buona politica?”[5]. 

 

[1] Carlo Maria Martini, Farsi prossimo. La carità, oggi, nella nostra società e nella Chiesa, Milano, Centro ambrosiano, 1985, p. 37.

[2] Per alcuni esempi di sussidiarietà orizzontale, si veda Maurizio Ettore Maccarini, I modelli di attuazione della sussidiarietà orizzontale, in P. Donati, I. Colozzi (a cura di), La sussidiarietà. Che cos’è e come funziona, Roma, Carocci, 2005, p. 118 ss.; Lorenza Violini e Giorgio Vittadini, Sussidiarietà e quasi mercati, in G. Vittadini (a cura di), Che cosa è la sussidiarietà. Un altro nome della libertà, Milano, Guerini, 2007, p. 203 ss.

[3] Giorgio Vittadini, Il principio di sussidiarietà tra storia e prospettiva, in P. Donati, I. Colozzi (a cura di), La sussidiarietà. Che cos’è e come funziona, Roma, Carocci, 2005, p. 17.

[4] Su percezione della solitudine e politica, si veda Noreena Hertz, Il secolo della solitudine. L’importanza della comunità nell’economia e nella vita di tutti i giorni, Milano, Il Saggiatore, 2021.

[5] https://www.vatican.va/content/francesco/it/encyclicals/documents/papa-francesco_20201003_enciclica-fratelli-tutti.html