Intervista di Chiara Genisio in Vita Pastorale Agosto Settembre 2024
Giustizia, ambiente, lavoro e riforme costituzionali: i temi individuati per alcuni interventi necessari.
Da noi si atterra da soli e si decolla insieme!», uno spot che offre il senso della Comunità di Connessioni che dal 2009 si incontra per confrontarsi e formarsi sui grandi temi dell’agenda politica. Un luogo di dialogo sulle sfide della società, fondato su relazioni di fraternità. Uno spazio dove si connettono giovani e associazioni da tutta l’Italia, un autentico laboratorio di formazione sociale e politica delle giovani generazioni per il Paese. Ideatore e animatore di questa esperienza, unica e innovativa, è il gesuita, padre Francesco Occhetta, docente alla Pontificia Università Gregoriana. Comunità di Connessioni esprime anche libri. L’ultimo andato in stampa è Democrazia. La sfida della fraternità (Editore Il Pellegrino) a cura di Francesco Occhetta, con alcuni esperti, tra cui Fabrizio Urbani Neri, Alessandra Luna Navarro, Giulio Stolfi, Paolo Bonini, Cristina Ponti, consapevoli che rileggere la storia aiuta a discernere il presente.
Un libro scritto a più mani, pensato come esperienza comunitaria e di fraternità, per offrire quali spunti di riflessione? E a chi?
Sì, è stato come dirigere strumenti diversi in un’unica sinfonia, quella di riporre il principio di fraternità tra quello di uguaglianza e di libertà. Abbiamo considerato quattro temi – giustizia, ambiente, lavoro, riforme costituzionali– e attraverso le competenze presenti in una comunità abbiamo individuato alcune riforme necessarie per il bene di tutti. Ci rivolgiamo a chi amministra il Paese, a quanti si vogliono formare per prendere responsabilità pubbliche e a tutte le persone che vogliono partecipare a ricostruire la democrazia nel Paese.
«Non c’è più tempo»: l’hanno ribadito 33 premi Nobel riuniti, lo scorso anno, dalla Fondazione Fratelli tutti. Per cosa non abbiamo più tempo? Il libro offre una strada da percorrere?
La violenza e la guerra sono i paradigmi che impongono parole, azioni e scelte. Occorre vigilare e arginare ciò che si potrebbe perdere per sempre. La violenza e le pene esemplari non possono prevalere sul bene della pace e sulla giustizia, che respira di misericordia e riparazione. Il volume aiuta a rifocalizzare ciò che ci rende “umani” nello spazio pubblico, e accompagna i progetti della Fondazione Fratelli tutti presieduta dal cardinale Mauro Gambetti. La strada da percorrere è quella di costruire un’alleanza mondiale con tutte le persone di buona volontà che credono nella pace e nell’amicizia sociale. E noi l’abbiamo imparato da molti premi Nobel venuti a Roma per dirci: “Andate avanti, non c’è più tempo”.
La fraternità come metodo anche per rinnovare l’Onu?
Sì, ma occorrono dei parametri per misurarla e una metrica per studiarla. E poi occorre investire nella formazione delle nuove generazioni per far diventare scelte concrete un principio astratto. Come ha proposto il cardinale Gambetti, il mondo ha bisogno di una Carta dell’umano che includa atteggiamenti e comportamenti comuni. Solo così l’Onu potrà cambiare. Nel Meeting mondiale della fraternità dello scorso 10-11 maggio, dodici tavoli sparsi in undici punti simbolici dello Stato del Vaticano e di Roma hanno approfondito il principio di fraternità nell’ambito dell’ambiente e delle imprese, dello sport e del Terzo settore, dell’informazione e del lavoro, della salute e del digitale, dell’educazione, delle amministrazioni locali e della sicurezza alimentare. E, infine, il tavolo dedicato ai bambini, che ci insegnano a vivere in pace, cui ha partecipato anche il Santo Padre. È un metodo possibile che sta dando frutto.
Abbiamo da poco votato per il Parlamento europeo: l’astensionismo è cresciuto ancora. È sfumata la vocazione europea?
No, l’astensionismo è fisiologico nelle democrazie, ma l’errore è stato far diventare le elezioni europee un test dei governi nazionali. Le televisioni pubbliche narrano poco l’Europa, ma il futuro degli Stati non è rinforzare le capitali ma Bruxelles, ce lo insegnano le giovani generazioni.
Nel libro viene citata Simone Weil, il suo impegno nello studiare e voler conoscere il mondo del lavoro in grande trasformazione nella sua epoca. E oggi, gli scrittori, gli intellettuali sono ancora impegnati su questo fronte?
Sì, ma la velocità della comunicazione a volte semplifica ciò che è molto complesso e ha bisogno di essere sedimentato nella coscienza. L’intellettuale è come una candela che ne accende molte altre; quando lo fa non diminuisce la sua potenza, ma la luce aumenta per tutti.
Quanto sono sensibili i giovani al tema della fraternità e a un nuovo modello di società?
Moltissimo, se la decliniamo nel grappolo di parole che la definiscono come solidarietà, umanità, gentilezza, cooperazione, stima reciproca, aiuto ecc. Dopo la pandemia del Covid-19 è aumentata la solitudine e la perdita del senso della partecipazione. La fraternità, che significa “rinascere accanto a un altro”, è un antidoto per non sentirsi solo e costruire insieme la città. Ha ragione Jean Leclerc, teologo e storico, che ha posto sulle labbra di Francesco d’Assisi queste belle parole: “Il Signore è là dove sono i tuoi fratelli”.
Al termine del lavoro avete interrogato ChatGpt su quali sono le 10 parole che definiscono la fraternità. Cos’è emerso di differente rispetto alle vostre parole raccolte nel volume?
All’Intelligenza artificiale che abbiamo interrogata è mancata la parola speranza, quella che attraversa il libro e fa nascere desideri, progetti, legami. Nessun irenismo, ma il realismo del credente, chiamato a incarnare nella storia la sua testimonianza personale e comunitaria. È stato possibile nel passato, è possibile nel presente. Il volume espressione di una voce credente può aiutare questo processo.