*di Alessandro Baker
La Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) costituisce il testo fondamentale del Consiglio d’Europa e le sue norme hanno rango interposto essendo subordinate alla Costituzione, ma sovraordinate alle leggi ordinarie. Il giudice dello Stato deve perciò attenersi alla normativa internazionale, ma non può disapplicare la norma interna spettando esclusivamente alla Corte Costituzionale il sindacato di legittimità.
L’ Unione Europea trova invece fondamento nei suoi accordi istitutivi confluiti all’interno del Trattato di Lisbona del 2009. Le fonti comunitarie sono costituite dai trattati e dal “diritto derivato” di cui all’art. 288 TFUE. I rapporti tra l’UE e lo Stato membro sono stati risolti nel senso della doverosa disapplicazione della norma interna confliggente con disposizioni comunitarie dotate di efficacia diretta.
Ci si è chiesti se tale soluzione possa valere anche per i potenziali conflitti tra diritto interno e Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. La Corte Costituzionale con sent. 80/2011 diede responso negativo al quesito escludendo che la normativa CEDU fosse direttamente applicabile dai giudici comuni. L’art. 6 TUE ha solo posto le basi per un’ adesione, al momento inattuata, dell’Unione Europea alla Convenzione. Occorre dunque domandarsi se il progetto di adesione sia ancora possibile.
La tutela dei diritti, venendo gli atti comunitari direttamente scrutinati dalla Corte EDU, sarebbe sicuramente rafforzata perché il progetto valorizza l’evoluzione della stessa Unione Europea in senso maggiormente federale. La prima bozza di Accordo di Adesione del 2008 ha ricevuto il parere negativo della Corte di Giustizia Europea a causa della ritenuta inammissibilità di un sindacato esterno da parte della Corte Europea dei Diritti dell’ Uomo sugli atti dell’ Unione e del surrettizio ampliamento delle competenze dell’Unione in materie non ad essa espressamente riservate.
Le obiezioni mosse dalla Corte di Giustizia Europea potrebbero forse superarsi rilevando che vi è sempre stata in realtà una forte convergenza tra Unione Europea e Consiglio d’Europa su molti aspetti inerenti alla tutela dei diritti fondamentali. Si considera inoltre che se un atto è conforme agli obblighi derivanti dal diritto comunitario, allo stesso modo esso è ritenuto rispettoso della CEDU. Le difficoltà strettamente procedurali si risolverebbero con una modifica dell’art. 344 TFUE diretta a consentire espressamente il sindacato esterno da parte della CEDU sulle norme e sugli atti dell’Unione Europea.
Non vi è comunque alcuna discrezionalità nell’an perché la norma pone un preciso obbligo censurabile mediante ricorso in carenza nei confronti delle istituzioni comunitarie. Gli Stati membri hanno dunque la responsabilità di proseguire il loro cammino nell’attuazione di questo ambizioso progetto di chiara valenza anche sul piano identitario.
*Dottore in Giurisprudenza all’Università Federico II di Napoli