Sul portone della Chiesa San Paolo Apostolo e in tutta la Graziella, un vecchio quartiere di pescatori e di degrado all’interno del centro storico di Siracusa, da qualche giorno è comparso un manifesto con questa scritta: ‘Per evitare la diffusione del virus, anche la parrocchia di S. Paolo evita incontri ed assembramenti di persone. Tuttavia, oltre a fornire assistenza, vi lasciamo i nostri numeri telefonici a cui potete chiamare se vi sentite soli. Se avete qualcosa da segnalare, se semplicemente volete fare due chiacchiere’. Vi sono apposti i nomi di tre ragazzi della Parrocchia San Paolo Apostolo e il loro rispettivo numero di cellulare.

 

Questi liceali, tutto l’anno, preparano e distribuiscono pasti caldi ai più poveri. Si tratta di una iniziativa intrapresa già molti anni fa e mai abbandonata: gli studenti universitari fuori sede, hanno ceduto ai più giovani il testimone, pur continuando anche loro nei momenti di vacanza e di rientro.

 

Adesso all’interno di questa crisi sanitaria, i più giovani hanno deciso di mettere a disposizione il loro tempo per rispondere a chi li contatta telefonicamente, anche solo per fare una chiacchierata.

Come già detto dal liceale Aleksandr a Radio Vaticana: ‘non potendo incontrarci, proviamo a raggiungere soprattutto i più soli. Tanti anziani ci chiamano e tanti altri ne chiamiamo a nostra volta. Si tratta di non disgregare il tessuto connettivo della nostra comunità, dove vengono tante volte emarginati proprio i più fragili: anziani, poveri e disabili. Ma se c’è una cosa che il cristianesimo ha insegnato nella sua storia, è proprio questa: mettere al centro delle relazioni la fragilità.’

 

Il servizio di ascolto è stato rimodulato dopo la prima settimana di emergenza, diventando un un centralino cui chi ha bisogno di spesa o assistenza può chiamare, manifestando i propri bisogni e le proprie difficoltà. Subito i dati vengono raccolti in un database accessibile ad adulti e agli universitari, adesso in sede, che immediatamente iniziano a preparare le buste in chiesa, organizzando i corrieri volontari a servizio di chi per tanti motivi non può uscire di casa.

 

Dopo alcune settimane di rodaggio e di inclusione di nuovi volontari, si è riusciti in un solo giorno, domenica 5 Aprile, a consegnare novantaquattro pacchi di spesa. Seppur impegnati a pieno nelle attività di volontariato, è importante soprattutto riflettere su quali motivi ci spingono a compiere questo servizio, trascurando magari lo studio o riempiendo così quelle poche ore che la didattica online lascia libere per lo svago. Nelle nostre riunioni riflettiamo spesso su come l’essere cristiani debba manifestarsi nella nostra vita di studenti, un giorno di adulti impegnati professionalmente. E dunque ci chiediamo su quali possano essere le differenze tra il servizio vissuto da una comunità cristiana rispetto a quello di un club service giovanile: la risposta crediamo sia nel Vangelo.

 

Per il Vangelo l’uomo non è solo un ammasso di molecole, non è soltanto un organismo destinato tutta la vita a produrre e consumare, rimanendo vittima di questo disumano circolo chiuso. Per il Vangelo l’uomo è qualcosa di più. L’uomo si rivela come capace di essere veramente umano, di comportarsi come un fratello per i suoi simili. Non homo homini lupus, ma capace di cogliere nel volto degli altri i segni di una fratellanza.

Dunque viviamo la cittadinanza da credenti: cercando di vivere in sintonia con il prossimo, trattando i più piccoli come fratelli, aiutando i più deboli e coloro che sono emarginati dalle istituzioni spesso attente ai più ricchi.

In periodi come questo ci rendiamo conto di quanto l’essere umano sia un animale comunitario e di come non possiamo di sentirci slegati da un qualsiasi legame con i nostri compagni.

Da noi in Sicilia si parla spesso di educazione alla legalità e all’istruzione. Tuttavia osserviamo che spesso l’approccio è deficitario. Molte volte la gente, quando è abbandonata, non ne vuole sapere: pochi diritti alla salute, problemi se tuo padre si ammala di tumore e non ti può sostenere negli studi, esclusione da tante cose che altri nella società possono permettersi, come ad esempio lo sport che per molti rimane un privilegio. Prima ancora di parlare di doveri e di legalità, è importante parlare di comunità di diritti, dove nessuno si sente escluso. Solo allora la gente, sentendosi parte di una comunità, avrà interesse ad andare avanti e a formarsi culturalmente (così come diceva Franceschini all’incontro di Connessioni)  sapendo che nessuno mai verrà lasciato indietro. Prima ancora che comunità di doveri, è necessario essere comunità di diritti, purtroppo spesso espropriati dal mercato e dagli interessi privati.

 

Per questo pensiamo che sia importante stare accanto fratelli più deboli, sacrificando il nostro tempo e le nostre energie, affinché si sentano parte di una comunità dove chi fragile non è lasciato indietro.

 

Luca Santoro         1°Anno Laurea specialistica Ingegneria Meccanica

Ludovica Attanasio     5° Anno Liceo Classico

Aleksandr Gubochkin     1°Anno Liceo Scientifico