di Ciro Cafiero
 
La storia è, ancora una volta, in grande trasformazione. La pandemia ha imposto stili di vita nuovi, certamente più sobri, e rivoluzionato anche le libertà considerate inossidabili, come quella di circolare o di incontrarsi. Ha riscoperto noi tutti dipendenti l’uno dall’altro, con destini incrociati. La facilità con cui è circolato il contagio ha calato il sipario su un’ipocrisia moderna, l’idea che il malessere di molti non sia in grado di intaccare il benessere di pochi.
 
Il virus ha riscoperto la fragilità del nostro corpo e riposto al centro la salute della persona. L’esigenza di tutelarla è prevalsa anche su quella della produttività e, di riflesso, sul diritto al lavoro delle persone addette. Molte attività commerciali restano sospese. Il Covid ha dimostrato, come ha ricordato papa Francesco nell’enciclica Fratelli Tutti, che l’ambiente prima geme e poi si ribella, perché la natura non perdona i torti subiti. Un virus trasmesso da animale a uomo (c.d. zoonosi) interroga sugli errori commessi nella gestione del rapporto con la natura.
 
La prima “Grande Trasformazione” è quella osservata nel 1944 da Karl Polanyi con l’omonimo volume, figlia delle prime rivoluzioni industriali. Era in gioco la dignità dei lavoratori per i ritmi esasperati delle catene fordiste ma anche, per questo, la loro salute e l’integrità dell’ambiente, per l’impatto dei primi inquinamenti industriali. Alle logiche di profitto in grado di subordinare la società al mercato, secondo il modello di economisti come Adam Smith e David Ricardo, Polanyi antepose quelle di reciprocità, di scambio e redistribuzione, con garanzia della centralità dell’umano. L’etimologia del cum munus dice questa dimensione di reciprocità, che è la condizione perché nascano quelle comunità a cui guardavano leader come Martin Luther King e Adriano Olivetti. Al contrario, la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi è un eccesso che genera diseguaglianza e povertà.
 
Prendere atto che il benessere dell’uno dipende da quello altrui incentiva alleanze, lo dimostra l’esperienza della responsabilità sociale dell’impresa: capitale e lavoro sono uniti secondo la logica partecipativa dell’articolo 46 della Costituzione. È il modello che ha ispirato la teoria della “cerchie sociali” di Simmel ma anche il pensiero di Francois Jullien. L’alternativa è l’individualismo tipico dell’anomia teorizzata da Durkheim, una situazione di assenza di regole, come quella dell’esodo dalle campagne alla città a cavallo della prima rivoluzione industriale.
 
Ogni volta che le tensioni sociali crescono, l’eredità di chi ci ha preceduto ci consegna un insegnamento. Compito degli uomini di buona volontà è risvegliare le coscienze assopite evitando alcuni comportamenti morali che impediscono di promuovere la dimensione olistica dell’ambiente inteso come rapporto equilibrato tra lavoro-salute-natura come, ad esempio, le tante complicità, le corresponsabilità, le fughe nel privato. La trasformazione, invece, ha come tappe sociali i tre verbi del discernimento di Francesco nell’Evangelii gaudium: “riconoscere”, “interpretare”, “scegliere”.
 
In questo scenario la sobrietà che abbiamo forzatamente sperimentato può rivelarsi una ricchezza e una sorta di purificazione: essa ci ha trasformato, ci contiene e contiene quindi il rischio che le libertà di uno possano ledere quelle dell’altro.
 
Assegnare centralità alla salute ha due effetti. Sul piano antropologico, riafferma l’unicità dell’uomo contro i tentativi di reificazione che lo mettono in competizione con la macchina. Inoltre, ricalibra la relazione tra creatura e Creatore, che della caducità fisica creaturale è custode. Sul piano giuridico, promuove il giusto ma difficile contemperamento tra il diritto alla salute e altri diritti di rango primario, come quello alla libera iniziativa economica, al lavoro, all’autodeterminazione, alle cure mediche. Non possiamo più permetterci che il lavoro possa uccidere e nemmeno che le posizioni ideologiche e personalistiche prevalgano sul bene salute di una comunità. La Corte Costituzionale ha avuto più occasioni di esprimersi al riguardo. Ad esempio, con la sentenza n. 85 del 2013 sul caso Ilva e con la sentenza n. 5 del 2018 sull’obbligatorietà di alcuni vaccini.
 
Riaffermare l’importanza di proteggere l’ambiente invita a distinguere, sulle orme di Amartya Sen, il concetto di sviluppo da quello di crescita. La crescita del capitale economico ha danneggiato il capitale naturale, mentre lo sviluppo vuole un parallelismo tra il progresso socioeconomico e il progresso socioecologico. Nel 2008 Porter, padre della corporate strategy, assegnò all’impresa il compito di migliorare la qualità della vita di tutti i portatori di interesse (stakeholder). La riflessione di Papa Francesco nell’enciclica Laudato Si chiede un’ecologia integrale.
 
Le grandi trasformazioni pongono sempre davanti ad un bivio. Ed è anche da sofferenze come quella della pandemia che si genera nuova vita. Così è stato anche nella prima metà del 900’, dopo la Grande Depressione, con un’Europa vittima dei nazionalismi mentre gli Stati Uniti, grazie alle tre “r”: relief (ristora), recovery (recupera), reform (riforma), inauguravano con successo il new deal di Roosevelt. Anche oggi, è tempo di scelta. Possiamo scegliere di proseguire sulla strada su cui eravamo prima o di imboccare quella di un discernimento per riorientare il vivere comune.
 
Il Recovery Plan del premier Mario Draghi persegue l’obiettivo di redistribuire ricchezza in favore della collettività nel segno dell’investimento e della crescita. Marta Cartabia, da Ministro della Giustizia, ha introdotto l’obbligo vaccinale per i lavoratori del settore sanitario e guarda al modello di giustizia riparativa. Elena Bonetti, con le deleghe alle Pari Opportunità e alla Famiglia, sta realizzando una riforma compiuta delle politiche familiari attesa da anni, il Family Act, che inizia dall’approvazione dell’assegno universale per i figli. Roberto Cingolani è stato nominato Ministro della Transizione Ecologica. Il lavoro, di riflesso, potrà vivere una stagione fortunata, con il rilancio delle politiche attive e dei nuovi lavori green, mentre con i sindacati ha preso avvio un dialogo proficuo.
 
Il discernimento non manca al Governo Draghi, che ha iniziato un percorso lungo e in salita. Ma la sfida che manca per “umanizzare” la trasformazione è quella di trovare ciò che gli antichi chiamavano mediocritas, il giusto mezzo, e che i moderni chiamano “gestione del limite”: «L’abbondanza entro i confini planetari richiede una profonda trasformazione della mentalità. Non crescita senza limiti e nemmeno limiti senza crescita, ma crescita entro i limiti»[1].
 
 
[1] John Rocstroom e Mattias Klum, Grande Mondo, piccolo pianeta. La prosperità entro i limiti planetari, Ed. Ambiente, 2015.