di Giuseppe Bova Crispino*
L’Unione europea, sia pure con un ingiustificabile ritardo iniziale, ha mobilitato una serie di politiche che consentono una prima basilare risposta alla pandemia. La Banca centrale europea (BCE) ha introdotto nuovi programmi di acquisto di titoli, sovrani e privati, senza precedenti sia per dimensione, fino a 900 miliardi di euro, che per caratteristiche ed ha messo a disposizione fino a 3100 miliardi di linee di credito fino a tre anni per le banche al tasso negativo del 25%. Queste linee di credito consentono ai nostri istituti bancari di fare quei prestiti definiti dal decreto Cura Italia (fino a 25000 euro senza istruttoria con garanzia al 100% dello Stato) praticamente a tasso zero alle imprese che ne hanno bisogno. I requisiti di vigilanza bancaria sono stati allentati per evitare che la pandemia avvii una crisi di sofferenze delle banche.
La Commissione europea è intervenuta su più fronti. Essa ha sospeso il patto di stabilità e crescita, in questo modo consentendo agli Stati membri di assumere decisioni di spesa immediata per contrastare le conseguenze del Covid-19, senza vincoli di deficit e di debito ed ha alleggerito, come mai era avvenuto in passato, le regole che proibiscono gli aiuti di stato alle imprese in difficoltà. La Commissione, sollecitata da una costruttiva pressione del Parlamento europeo, ha consentito di utilizzare i fondi del bilancio pluriennale 2014–2020, destinati alle politiche strutturali, non ancora spesi dalle regioni. Essi ammontano a circa 12 miliardi, senza il vincolo del co-finanziamento.
Fermo restando questo ampio contesto fatto di misure, peraltro già approvate, di cui bisogna tener conto, è intervenuto, lo scorso giovedì, l’accordo raggiunto dai ministri dell’ economia e delle finanze dell’Eurogruppo, dopo un nulla di fatto di appena due giorni prima.
* Avvocato esperto di diritto dell’Unione europea
giuseppebovacrispino@gmail.com
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