di Alessandro Mazzullo*

 
Il Capitalismo è morto?
Come diceva Keynes, ormai un secolo fa: «Il capitalismo non è intelligente, non è bello, non è giusto, non è virtuoso e non mantiene le promesse. In breve, non ci piace e stiamo cominciando a disprezzarlo. Ma quando ci chiediamo cosa mettere al suo posto, restiamo estremamente perplessi[1]».
 
Con la caduta del muro di Berlino, il capitalismo delle liberal-democrazie è parso aver definitivamente vinto su ogni altra visione economica. Si è parlato di fine della storia e, con essa, della politica, ormai ridotta a mero dibattito tecnico intorno alle migliori forme di capitalismo applicabili[2].
Eppure la domanda è sempre lì[3] e l’attuale crisi l’ha resa ancora più attuale, per almeno due ragioni.
Perché un modello di sviluppo socialmente insostenibile, orientato verso la massimizzazione del solo profitto, è accusato di esserne la concausa[4].
Ma soprattutto perché, in tutto il mondo, assistiamo ad un inedito, epocale, preponderante ritorno dello Stato nell’economia[5].
 
Ce n’è abbastanza per sovvertire i caposaldi su cui si fondava il capitalismo, almeno nella versione neoliberista affermatasi negli Usa (con Raegan) e in Inghilterra (con Tatcher), e poi consolidatasi a livello europeo e mondiale.
C’è chi, tra gli irriducibili, riesuma il concetto di “Capitalismo di Stato” per descrivere la nuova fase dell’intervento pubblico in economia. Ma, al di là delle etichette teoriche, l’aspetto che più interessa è un altro.
E, a questo punto, non riguarda più il se o il quantum di quell’intervento, ma il come, il dove ed il perché.
Poiché le risorse pubbliche messe in campo paiono enormi, ma pur sempre limitate, lo Stato dovrà presto scegliere su chi investirle.
 
Nell’eterna dialettica tra politica (lo Stato), economia (il mercato) ed etica (il tempio)[6], la prima si reimpone sulla seconda, e la terza può tornare ad orientare entrambe. L’auspicio è che dalla crisi si sappia estrarre un’opportunità storica: quella di orientare questi investimenti verso un modello di sviluppo più sostenibile, sul piano sociale ed ambientale.
Il che fa apparire enormemente anacronistico l’attuale dibattito europeo. Anziché parlare della “condizionalità” degli aiuti “agli” Stati, bisognerebbe parlare della condizionalità degli aiuti “dello” Stato (al mercato), per il raggiungimento di obiettivi comuni. Ma quali?
 
È questo il punto più importante; l’occasione epocale per ripensare il nostro mondo. Un maggior intervento dello Stato nel mercato, in primo luogo, dovrebbe legittimarne l’orientamento verso l’obiettivo della transizione ecologica[7] e dell’integrazione sociale. La sfida storica, ovviamente, non può esser vinta con i soli soldi pubblici.
Occorrerà smobilizzare la ricchezza finanziaria delle famiglie. E questo lo si può fare incentivando la c.d. finanza sostenibile capace di integrare i criteri SGR e il c.d. impact investing.
Poco prima che l’Europa fosse travolta dalla pandemia del secolo, la Commissione europea aveva annunciato il suo New Green Deal che andava esattamente in questa direzione (clicca qui).
Di questo New Deal c’è bisogno oggi più che mai! Per trasformare la crisi del secolo nell’occasione del futuro.
 
https://www.youtube.com/watch?time_continue=19&v=DWrLSwE_uKs&feature=emb_title
 
*Avvocato tributarista
alessandro.mazzullo@uniroma1.it
 
 
[1] Keynes, J. M. (1933). Autosufficienza nazionale. The Yale Review, New Haven.
[2] Di fine della storia ha parlato F. Fukuyama (2020). La fine della storia e l’ultimo uomo. Utet.
[3] Si veda M. Mazzucato su El Pais (qui).
[4] Si pensi ai numerosi gli studi che si interrogano sulla correlazione tra l’attuale sistema produttivo, l’inquinamento, l’insorgenza e la diffusione delle epidemie Tra gli altri, si veda qui.
[5] Si veda Gonzales, A., El Estado ha llegado a la economía para quedarse, El Pais, 26 aprile 2020 (qui)
[6] Sia consentito il rinvio ad A. Mazzullo, Il mercato, il tempio e la città, in F. Occhetta, Le politiche del popolo, ed. San Paolo, 2020 e sempre A. Mazzullo, Il rovescio della moneta. Per un’etica del denato, ed. Dehoniane, 2019.
[7] Per un’analisi dell’impatto dell’epidemia sul climat change vedi qui.