“Viviamo in una terza guerra mondiale combattuta a pezzi” dice Papa Francesco. Nonostante la nostra indifferenza, sono tanti, tantissimi, gli inconsolabili ambasciatori che ogni giorno raggiungono le nostre coste e ci consegnano, loro malgrado, un triste messaggio: la guerra ogni anno si avvicina. Ogni giorno sono numerosi i migranti – questo è il generico nome con cui un perseguitato, un rifugiato, un cercatore di pace e giustizia viene messo sulla stessa barca – che ci ricordano che qualcosa al di là del Bel Paese non va, e non va proprio. Non da ultimo il conflitto israelo-palestinese che ci ha dato un’altra dimostrazione di come politica e appartenenza religiosa possano confondersi e dare occasione agli uomini di far guerra. Per questo è necessaria la buona medicina della sana informazione per vedere chiaro e rispondere al cambiamento vividissimo della nostra contemporaneità. Il rapporto sull’immigrazione del 2023 può essere un valido punto di partenza per riflettere e fare la nostra parte, fosse anche solo di essere più consapevoli.

A colpo d’occhio Anzitutto, come sono cambiati gli equilibri dall’inizio della guerra in Ucraina ad oggi? In Europa il numero complessivo di profughi e sfollati è salito a 108,4 milioni (40% minori), di cui ucraini 8 milioni. Al di fuori del contesto bellico, la presenza di cittadini stranieri in Italia sembra stanziarsi sui 5.050.257, prevalentemente nel Nord Italia (59,1%). Quanto alle principali nazionalità residenti sul territorio troviamo la comunità rumena, che rappresenta uno straniero su cinque, marocchina e albanese (ciascuna all’8,4%), si nota sempre un maggiore avvicendamento delle provenienze asiatiche, come Bangladesh e Pakistan.

Lavoro Le ultime tendenze del mercato occupazionale in Italia dimostrano che la maggiore incidenza di lavoratori stranieri si registra nel settore dell’agricoltura (39,2%), seguita dall’edilizia (30,1%), industria in senso stretto (22,1%) e infine turismo e ristorazione; solo 1 su 10 è un impiegato e appena lo 0,1% è dirigente. Questi dati sono certamente influenzati da due fattori: alcuni migranti hanno un livello d’istruzione che rimane “al più secondario inferiore”; altri, al contrario, incontrano un grande scarto tra il titolo posseduto e le mansioni ricoperte. Entrambi i gruppi, tuttavia, riscontrano gli stessi ostacoli nel trovare lavoro: discriminazioni dovute all’origine straniera, alla mancanza del permesso di soggiorno e mancato riconoscimento del titolo di studio conseguito all’estero.

Salute I dati relativi ai ricoveri ospedalieri nel 2021 evidenzia che il 6,4% del totale sono stati di cittadini non italiani. Le diagnosi principali degli stranieri sono legate a complicazioni della gravidanza, parto e puerperio. Se nell’età media e nel numero di figli per madre rimane un divario significativo, il modello di fecondità delle straniere sembra gradualmente adattarsi al contesto italiano. Il tasso di abortività delle donne straniere rimane sempre 2,4 volte superiore a quello delle italiane. Le aziende ospedaliere, invece, nel 2022 hanno contato sul contributo di 77.500 professionisti sanitari di origine straniera, seppur il 65% sprovvisto della cittadinanza italiana.

Criminalità Di grande attualità rimane sempre il binomio immigrazione-sicurezza, che non smette di dividere la politica e la società civile. Nel 2022 il numero di cittadini stranieri detenuti in Italia è rimasto in linea con gli anni precedenti, 31,4% della popolazione carceraria complessiva, prevalentemente dal continente africano ed europeo. I reati più comuni sono quelli contro il patrimonio, contro la persona e in materia di stupefacenti. Giace, tuttavia, nell’indifferenza totale della discussione pubblica l’interesse verso le persone straniere offese da un reato (10.471 le denunce per lesioni dolose e 7.633 per minacce) molte delle quali sono presentate da donne per violenza sessuale. Nota dolente rimane la narrazione dei flussi migratori che dal 3 ottobre 2013, data della tragedia di Lampedusa, a oggi non solo è diminuita nell’intensità di notizia diffusa e nella durata della trattazione che si protrae nei mesi successivi, ma soprattutto ha un risvolto politico meramente securitario, trasformando di fatto il tema dell’immigrazione in una comunicazione orientata all’allarmismo.

Conclusioni Cosa portare a casa da questi numeri, se non che vivere in Italia per un migrante, rifugiato o semplicemente uomo in cerca di fortuna, è senza dubbio difficile se non terribile? Come non capire che siamo tutti coinvolti in un mondo che soffre e l’unico antidoto alla divisione è riconoscersi tutti della stessa natura, umana, e quindi fratelli nella difficoltà? Allora se sono vere le parole di Ovidio amicus certus in re incerta cernitur (l’amico vero si riconosce nel momento dell’incertezza), questa è l’occasione che stavamo aspettando, una crisi per diventare più amici del genere umano: fratelli tutti.