Nelle pagine del 2022 del Rapporto Annuale di Amnesty International, si scrivono capitoli di diritti umani ancora costantemente e terribilmente calpestati. « Il 2022 potrebbe essere stato un anno di svolta per lordine internazionale. Ma non c’è stata una svolta sul fronte dei diritti umani. Anzi, la discesa è proseguita fuori controllo. Laggressione compiuta dalla Russia è servita a destabilizzare ulteriormente un sistema multilaterale internazionale già indebolito da decenni, in cui potenti stati hanno violato, nell’ impunità, il diritto internazionale» tuona Agnès Callamard, Segretaria generale di Amnesty International, nel discorso che introduce il rapporto annuale dell’organizzazione sulla situazione dei diritti umani nel mondo e che prende in analisi 156 paesi nel 2022. Violazioni del diritto internazionale umanitario; limitazioni delle libertà di espressione, associazione e riunione pacifica; violenza di genere contro donne e persone LGBTI; crisi economiche associate all’impatto della pandemia, ai conflitti e al cambiamento climatico che hanno provocato una forte crescita del costo della vita e dell’insicurezza alimentare: questi sono i temi che emergono e che rivelano una stretta interconnessione ed un conseguente aumento delle diseguaglianze sociali.

Violazioni del diritto internazionale umanitario e di abusi dei diritti umani. A livello globale, si è assistito allo scoppio di nuovi conflitti, alla ripresa di altri e alcuni non si sono mai interrotti. In questi contesti, sono le categorie più vulnerabili quali donne, anziani e bambini a pagarne il prezzo più caro. La violenza sessuale in diverse regioni, come raccontano denunce pervenute dalla Repubblica Centrafricana, dal Sud Sudan, dall’Etiopia è stata perpetrata anche come arma di guerra. I conflitti hanno causato, inoltre, grandi flussi di rifugiati e sfollamenti interni come in Ucraina, in Repubblica Democratica del Congo e nella regione del Corno d’Africa.

Limitazioni alla libertà d’espressione, associazione e riunione si sono rivelate tendenze continue in differenti regioni mondiali. Forti repressioni del dissenso sono seguite in Afghanistan, in Myanmar, in Mali, in India. Il governo cinese ha imposto una censura sempre più pervasiva e sofisticata all’interno del paese condannando rapporti che documentavano possibili crimini contro l’umanità contro gli uiguri e altri gruppi etnici di minoranza nello Xinjiang. In Turchia, le autorità hanno continuato a detenere e perseguire decine di giornalisti, difensori dei diritti umani e oppositori politici. Gli stati hanno spesso fatto ricorso all’uso illegale della forza per reprimere le proteste, come in Iran.

La violenza di genere e diritti sessuali e riproduttivi è rimasto un problema per i diritti umani. La maggior parte dei casi avviene in contesti domestici. Per esempio, la situazione in Messico, in cui sono stati registrati centinaia di femminicidi, ha messo in luce una situazione ricorrente in tutta la regione delle Americhe. In India, la violenza contro le donne Dalit e Adivasi, tra gli altri crimini dodio basati sulle caste, è stata commessa nell’impunità Troppo spesso, le autorità non sono riuscite a proteggere donne e ragazze dalla radicata violenza di genere. Come sempre, a fare da sfondo a questo tipo di violenza cè una persistente prassi enfatizzata da atteggiamenti sociali. Il 2022 ha visto sia recessi che progressi nell’ ambito dei diritti all’aborto in diversi stati americani. La Colombia ha depenalizzato laborto fino alla 24ᵃ settimana di gravidanza e una nuova legge in Ecuador ha depenalizzato laborto nei casi di stupro. Tendenze simili sono state osservate in Europa: in Polonia, Slovacchia e Ungheria sono state presentate nuove misure per limitare laccesso all’aborto, mentre diversi altri paesi, come la Germania e i Paesi Bassi, ne hanno eliminato determinate restrizioni.

Violazione di diritti economici e sociali. Nel scenario globale complessivo, le crisi economiche, come quelle in Afghanistan o nello Sri Lanka, associate all’impatto della pandemia; o quelle esarcebate dai conflitti e al cambiamento climatico, come in Somalia, Nigeria, Bangladesh, Honduras, Senegal e Pakistan, hanno portato all’aumento vertiginoso del costo della vita e ad una generale insicurezza alimentare. Questo ha provocato forti crisi umanitarie con milioni di persone a rischio ad Haiti, in Venezuela e in Ucraina, inasprendo le disuguaglianze socioeconomiche tra le varie fasce delle società. In molte aree, il diritto all’alloggio è stato compromesso dagli sgomberi forzati, che hanno spesso colpito coloro che già subivano elevati livelli di discriminazione.

Con un rapido sguardo al nostro Paese, il rapporto segnala alcune preoccupazioni riguardo alla tortura (è il caso della repressione violenta di proteste nelle carceri), al ricorso ad un uso eccessivo della forza contro i manifestanti da parte della polizia, alla violenza contro le donne, che segnala livelli ancora particolarmente elevati, alle persone soccorse nel Mediterraneo e che sono state bloccate in mare per molti giorni prima che fosse loro concesso di sbarcare. Inoltre, il governo italiano ha approvato nuove regole per limitare le operazioni di salvataggio da parte delle navi delle Ong. La cooperazione con la Libia sulla migrazione è stata rinnovata, nonostante evidenti atti disumani e degradanti che continuano a perpetrarsi sul territorio nordafricano. Infine, il rapporto mostra un aumento dei livelli di povertà che colpisce, in maniera particolare, minori e stranieri.

Le violazioni dei diritti umani ledono nel profondo la dignità umana. In questo senso, gli stati non possono prescindere dall’intraprendere azioni per migliorare la forza e la resilienza della struttura internazionale sui diritti umani e per promuovere lo sviluppo dei meccanismi internazionali in grado di fornire risposte coerenti ed efficaci alle violazioni, ovunque esse si verifichino.

Ben chiare sono le parole di Antonio Guterres, che, aprendo a Ginevra la 52° sessione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, ha affermato che «tutto il mondo ha fatto marcia indietro sui diritti umani». E, ricordando lorribile naufragio avvenuto a Cutro, in Calabria, dichiara: «tutti coloro che cercano una vita migliore meritano sicurezza e dignità». Dignità piena e non graduabile di ogni essere umano, il suum di ciascuno, il valore che ogni uomo possiede per il semplice fatto di essere uomo e di esistere in quanto individuo unico e irripetibile. Il valore dell’esistenza individuale è dunque lautentico fondamento della dignità umana.

Il 2023 celebra il 75° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani, un documento appassionante, nato dalle ceneri di conflitti che hanno lacerato le società e gli animi, un codice di umanità incastonato fra le ferite della Seconda guerra mondiale e le profonde instabilità del mondo bipolare. Nel preambolo, la Dichiarazione considera il riconoscimento della dignità̀ inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, come il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo. Fu la sfida di voler scrivere i principi di una nuova convivenza a guidare la stesura della Dichiarazione e che torna puntuale nelle sofferenze del nostro tempo e ci chiede di rimettere al centro il valore dell’umanità. Documento torna, articolo dopo articolo, a risvegliare le coscienze assopite, addormentate da un’accidia sociale che lascia posto allo scarto, al male, alle violenze, alla negazione dell’altro, al suo abuso e sopruso. Una missione concertata per la pace che affonda le sue radici nella insopprimibile dignità di ogni uomo. Ciascuno di noi è, dunque, chiamato a contribuire con determinazione e coraggio, nella preziosa singolarità del proprio ruolo, al rispetto e alla promozione dei diritti fondamentali di ogni persona e in modo particolare nella cura delle persone più fragili perché ho avuto fame, ho avuto sete, ero forestiero, nudo, malato, carcerato e mi avete riconosciuto.