di Paolo Bonini

Una campagna elettorale di un mese, ad agosto, nella storia della Repubblica non si è mai vista. Le elezioni non si tenevano in autunno in Italia dal 1919. In questi poco più di 100 anni sembra che l’Italia sia tornata al punto di partenza.

Secondo i dati dell’ISTAT l’inflazione è vicina al 7%, mentre l’aumento dei prezzi al consumo su base annua è del 7,9%; la produzione industriale diminuisce dell’1,2% su base annua. Gli italiani sono circa 59 milioni di persone, 25 milioni di famiglie, di cui il 33,2% con un solo figlio. I dati dicono che la natalità è al minimo storico (7 neonati e 12 decessi per mille abitanti) e che l’età media della popolazione è in rialzo, a circa 46 anni. L’Italia sta per vivere un autunno pieno di sfide e i dati appena richiamati fanno riflettere gli elettori e i partiti. Democrazia fa rima con demografia: se non si garantisce un tasso di natalità alto, il costo dei servizi pubblici diventa insostenibile e le aspirazioni democratiche involvono.

Nella XVIII legislatura è stato necessario intervenire in modo strutturale sulle politiche della natalità con il Family Act. Su questa strada occorre continuare per garantire i diritti sociali e sostenere la crescita e il benessere di tutte le generazioni. È una responsabilità trasversale di tutti i partiti che vale il costo dell’investimento, come l’assegno unico dimostra.

Così anche le politiche del lavoro non possono più essere pensate per conservare i privilegi della generazione più anziana e più garantita, sfavorendo l’ingresso di nuove concezioni di impresa, formazione e professione. È necessario che nel nuovo Parlamento ci sia personale politico trasversale in grado di modificare le forme contrattuali e i meccanismi giuridici che costringono i giovani a scegliere di andarsene o ad accettare continui artifici per mettere d’accordo gli aspetti fiscali, previdenziali e contrattuali. Con l’ingresso dei trentenni nel sistema produttivo l’impresa familiare artigiana a cui dedicare l’intera vita, che ha costituito la nervatura del sistema produttivo italiano, sta già cambiando: bisogna sostenere la transizione digitale riformando meccanismi giuridici e infrastrutture fisiche.

La riforma del sistema fiscale, i temi della sicurezza e dell’integrazione non si possono imbrigliare in schemi astratti o in modelli retorici che difficilmente si sposano con la struttura sociale e statuale storica degli Stati europei. Il basso grado di concretezza a destra e a sinistra conduce a riflettere molto sulla qualità dell’offerta politica, sempre più polarizzata e quindi sempre più esposta alla paralisi. Si pensi ai “decreti sicurezza”: le misure più identitarie (chiusura dei porti e respingimenti) sono state modificate perché impraticabili e le istituzioni politiche che le hanno adottate sono state coinvolte in inchieste giudiziarie (non solo il Ministro dell’Interno ma anche il Presidente del Consiglio).

Dopo il voto i partiti saranno piuttosto vincolati dalle strategie parlamentari che sceglieranno di perseguire e lo saranno molto meno dai programmi, che sono atti di indirizzo. È evidente che le coalizioni in cui si presenta l’offerta politica sono scomponibili in Parlamento. Lo ha fatto la destra nel 2018, che, unita, otteneva il 37% dei voti, ma subito dopo si slegava, con la Lega al governo con il Movimento 5 Stelle; e nel 2021 con Forza Italia e Lega sostenitori di Draghi, da solo all’opposizione, Fratelli d’Italia. È un fatto naturale in virtù del nostro sistema istituzionale, dov’è il Parlamento a far emergere una personalità a cui intende dare la fiducia e non sono gli elettori a eleggere il Presidente del Consiglio. Ma lo è anche per la complessità del sistema elettorale, che i partiti stessi hanno deciso di conservare dopo l’esperienza del 2018: se intendevano dedicare l’ultimo miglio della legislatura alla riforma elettorale, hanno perso l’ennesima occasione per intervenire per tempo e mostrare un livello adeguato di visione strategica.

Adesso è il momento di presentare un’offerta realistica e personale politico all’altezza della complessità della politica, in grado cioè di fare mediazione nell’interesse superiore della collettività.

Come ha scritto Francesco Occhetta, le proposte politiche a destra e a sinistra, categorie ancora in affanno, sono spesso delle “ri-proposizioni”, a testimonianza del sostanziale immobilismo di una generazione politica figlia del proprio tempo, spaesata di fronte alle sfide di questo secolo. È arrivato il momento di promuovere e mettere alla prova energie nuove per far tornare trasversalmente nella decisione pubblica la competenza sui temi e parole vere, che «nella notte illuminano più del sole».

Questa è l’ultima occasione di credibilità dei partiti. La domanda politica sta iniziando a prendere forme diverse – tra gli altri, ad esempio, l’Appello dell’alleanza della società civile. In questi giorni si sceglieranno i candidati e l’invito, quasi disperato, è a superare la stagione dei populismi, scegliendo donne e uomini con una storia personale e comunitaria che testimoni competenza, impegno, cura della complessità. Bisogna sperare che risuonino forte le parole di Sturzo per evitare gli errori di un secolo fa, preparare un’offerta degna e incoraggiare nuovo personale politico: «La politica è per sé un bene, il far politica è, in genere, un atto di amore per la collettività: tante volte può essere anche un dovere per il cittadino».

 

*Fonte immagine: governo.it