di Paolo Bonini
«La responsabilità di rappresentare l’unità nazionale innanzitutto». Queste parole erano state il cuore del primo discorso alle Camere del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in occasione del suo giuramento, il 3 febbraio 2015. Attraverso il prisma dell’unità, riconosciuta da lui stesso come l’architrave della sua azione presidenziale, è possibile ripercorrere la testimonianza di Sergio Mattarella come uomo di Stato e come cattolico democratico impegnato nelle istituzioni. “Unità” come ciò che «lega indissolubilmente i nostri territori, dal Nord al Mezzogiorno» e «anche l’unità costituita dall’insieme delle attese e delle aspirazioni dei nostri concittadini», qualcosa che «rischia di essere difficile, fragile, lontana». Eppure, proprio per quell’unità Mattarella si è impegnato durante tutto il suo settennato.
Nei numerosi passaggi politici complessi che lo hanno chiamato ad esercitare i poteri del Presidente, ha favorito l’unità del sistema, includendo tutte le forze politiche in una chiamata alla responsabilità. Così facendo, ha reso possibile il pluralismo democratico, garantendo l’alternanza tra idee e soggetti politici, favorendo, nell’arco di due legislature, la partecipazione di tutti i partiti presenti in Parlamento a maggioranze di Governo, con l’unica eccezione di Fratelli d’Italia.
Il significato di “unità” ritorna al centro del discorso di fine anno 2021, l’ultimo del suo settennato. In quell’occasione il Presidente è rimasto solennemente in piedi, per ricordare che è la Costituzione «il fondamento saldo e vigoroso dell’unità nazionale», che, a sua volta, richiama «principi e valori che vanno vissuti dagli attori politici e sociali e da tutti i cittadini».
Questa lettura dinamica delle garanzie costituzionali, che cioè non si ferma alle formule scritte e considera le evoluzioni concrete, si lega alla parola “comunità”, che è facile ritrovare nei suoi sette anni al Quirinale. In questa espressione è racchiusa la sua indole spirituale e culturale: Mattarella rimane il presidente del personalismo comunitario. Quella tradizione, propria del cattolicesimo democratico e sociale, ereditata da suo padre, Bernardo, e cara a molti credenti.
Durante il suo impegno politico, culminato in quello presidenziale, si riconoscono i tratti della formazione e della militanza nell’Azione Cattolica e nella Federazione Universitaria Cattolica Italiana (FUCI). Si tratta di esperienze che danno colore e sapore a una vita: Mattarella testimonia l’importanza della formazione spirituale e umana dell’uomo di Stato, in grado di incarnare le più alte responsabilità istituzionali di questo Paese senza tradire le premesse da cui si origina l’impegno stesso. Nel recente discorso di fine anno emerge il richiamo all’eguaglianza e alla necessità di non cedere alle pressioni dell’economia: unità grazie all’eguaglianza dei diritti, a cominciare dal diritto al lavoro, come sancito dalla carta costituzionale. Una prospettiva che avvicina Mattarella e papa Francesco, perché vede il germe della fraternità proprio nei «valori della solidarietà, della riconciliazione e della pacifica convivenza, attraverso il dialogo, il rispetto reciproco e [nel] riconoscimento dei diritti e dei valori culturali di tutti gli esseri umani».
In questo modo Mattarella risponde a ciò che definisce «l’aspirazione diffusa degli italiani a essere una vera comunità, con un senso di solidarietà che precede, e affianca, le molteplici differenze di idee e di interessi». È il personalismo comunitario che vede nelle istituzioni politiche uno strumento per lo sviluppo della persona e la condizione per tenerle coese: «Unità istituzionale e unità morale sono le due espressioni di quel che ci tiene insieme. Di ciò su cui si fonda la Repubblica».
In questi anni le parole del presidente Mattarella non sono state retorica, ma azione. Ha tenuto insieme la Repubblica dopo il gravoso conflitto referendario sulla riforma costituzionale del 2016. Ha garantito continuità istituzionale al Governo e consentito di sperimentare formule politiche nuove. Ha voluto tutelare la Repubblica nella sfera della comunità internazionale al momento della nomina di un ministro dell’economia esponente di teorie antitetiche agli impegni assunti dall’Italia. Ha garantito il funzionamento ordinato dei rapporti tra i poteri dello Stato, instradando il Consiglio superiore della magistratura verso una sua necessaria riforma, in un momento di profonda incertezza dovuta a scandali e indagini tra i magistrati stessi.
Il messaggio di coraggio e di speranza, che traspare dal modo in cui ha incarnato l’incarico presidenziale, è reso autentico e ancora più credibile proprio in virtù della sua esperienza. Tra i giovani, per esempio, è credibile per la sua storia personale, che lo vede pronto a raccogliere la tragica sfida lanciatagli dalla mafia, con un impegno attivo e riformatore nella Democrazia Cristiana degli anni Ottanta del secolo scorso.
In occasione dei 70 anni della Repubblica Italiana, aveva citato il famoso discorso di De Gasperi a Bruxelles del 1948, rimarcando la continuità ideale e proiettando ancora l’Italia in una rinnovata dimensione europea. A conclusione del settennato, infatti, riprende lo slancio europeo proprio come elemento di unità, consegnandoci per l’ultima volta a una speranza molto concreta: «L’Italia crescerà. E lo farà quanto più avrà coscienza del comune destino del nostro popolo, e dei popoli europei».
– Messaggio del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al Parlamento nel giorno del giuramento, Palazzo Montecitorio, 3 febbraio 2015;
– Lectio degasperiana 2016 del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, Pieve Tesino, 18 agosto 2016;
– Discorso di fine anno del Presidente Mattarella, Palazzo del Quirinale, 31 dicembre 2021;
– Messaggio Urbi et Orbi del Santo Padre Francesco, Natale 2021, 25 dicembre 2021;
– Discorso tenuto da Alcide De Gasperi a Bruxelles nell’ambito delle Grandes conférences catholiques il 20 novembre 1948, edito in A. De Gasperi, Scritti e discorsi politici, vol. IV, tomo 2, Il Mulino, Bologna 2009, pp. 1146-1156.