Se le cronache di questi giorni stanno dando il dovuto spazio alla rottamazione delle cartelle di pagamento (cosiddetta rottamazione quater), poco o nessun rilievo ha assunto il disposto maxicondono fiscale stabilito degli artt. 41 e 42 del Disegno di legge di bilancio 2023 presentato lo scorso 27 novembre 2022. Se il Ddl sarà approvato dal Parlamento, probabilmente, data la ristrettezza dei tempi, senza discussione alle Camere e senza correttivi, diventerà Legge dello Stato.

L’art. 42 del Ddl dispone, tra l’altro, che nei giudizi tributari “In caso di ricorso pendente iscritto nel primo grado, la controversia può essere definita con il pagamento del 90 per cento del valore della controversia” ed inoltre che “in caso di soccombenza dell’Agenzia delle entrate…le controversie possono essere definite con il pagamento: a) del 40 per cento del valore della controversia in caso di soccombenza nella pronuncia di primo grado; b) del 15 per cento del valore della controversia in caso di soccombenza nella pronuncia di secondo grado”. In sostanza, se il contribuente si oppone all’accertamento, paga il 90% del tributo dovuto. Se, invece, ha vinto in primo grado o in appello, paga il 15% del tributo accertato e la partita è chiusa.

Gli esperti della materia possono rilevare che, in realtà, gli sconti sono più ampi, perché la legge àncora il valore della controversia a quello del tributo accertato, con esclusione delle sanzioni e degli interessi. In pratica, gli importi da condonare subiscono un’ulteriore riduzione pari circa al 50%, con la conseguenza che nei fatti il contribuente sana il debito col fisco, pagando rispettivamente il 45, il 20 o il 7,5% della somma accertata.

Conosciamo bene la storia dei rapporti tra fisco e contribuente, fluttuata a partire dagli anni Ottanta lungo il pendolo ora del condono, ora dello spesometro, alternando un fisco dal volto clemente, che sconta il dovuto, da uno col volto arcigno che indaga sulla ricchezza del contribuente (un’auto di grossa cilindrata, una colf a tempo pieno, una barca).

E sappiamo che davanti a un condono si alzano sempre strali di condanna, quanto salmi di ringraziamento per la “grazia” ricevuta.

Anche stavolta, infatti, la manovra sarà criticata sotto il profilo economico, perché alle nuove entrate per l’Erario seguiranno effetti opposti, inducendo i contribuenti ad evadere nell’aspettativa di nuovi condoni, nonché sotto il profilo etico, data l’innegabile disparità di trattamento tra i contribuenti che hanno pagato le tasse e quelli che beneficiano dell’agevolazione.

D’altro canto si leveranno voci in favore, in quanto la definizione dei carichi fiscali è motivata da cause specifiche, dettate dal momento storico, quale l’imminente grave crisi economica e l’attuale crisi energetica con possibilità, altresì, di destinare la pronta liquidità ottenuta per fronteggiare le prime emergenze (dal disastro di Ischia al caro-bollette).

Sotto questo profilo di favore, occorre dire che il condono tende a realizzare nelle intenzioni del Legislatore la pace fiscale tra cittadini e fisco, già introdotta dal decreto-legge n. 119 del 2018, finalizzata a consentire al contribuente di regolarizzare la propria posizione con il fisco in qualunque momento della procedura di verifica e riscossione (dal processo verbale di constatazione al giudizio tributario pendente).

Non possiamo che auspicare la fine di queste innumerevoli definizioni agevolate, che ragionevolmente potrà essere raggiunta quando sarà data attuazione alla riforma fiscale. Tale riforma, prevista dal PNRR, votata dalla Camera e rimasta ferma al Senato, è contenuta in una legge delega e comporterà la revisione dell’IRPEF, la semplificazione dell’IRES, il superamento dell’IRAP e la disciplina dell’IVA. La novità più importante sarà costituita dall’introduzione del principio duale nella tassazione diretta con distinzione netta tra redditi di capitale e altri redditi (ad es. di lavoro), in modo da semplificare il metodo di dichiarazione.

Peraltro, altra interessante novità è operativa: siccome le Commissioni tributarie non garantivano efficacia alla giustizia tributaria con ricorsi che duravano anni, il Legislatore le ha abolite, istituendo una magistratura tributaria di “carriera”, la quarta magistratura dell’ordinamento giudiziario, che si aggiunge alle storiche magistrature ordinaria, amministrativa e contabile.

Non c’è che dire, è un periodo di grandi riforme per il diritto tributario, con la speranza di passare in breve tempo da una politica fiscale condonistica e pentita quasi dell’oppressivo carico fiscale ad una di ordinario adempimento delle obbligazioni tributarie previste per legge.