di Francesco Occhetta
Sabato 13 febbraio il Governo Draghi ha giurato nelle mani del Presidente della Repubblica. È nato così un Governo atipico, di responsabilità nazionale e sostenuto dai partiti dell’intero arco costituzionale, eccetto Fratelli d’Italia. Nessuna vera alleanza politica, ma come in una ruota, tutti i raggi sostengono il fulcro, rappresentato dal Presidente Draghi, senza toccarsi. Esce discretamente di scena anche il Presidente Mattarella a cui dobbiamo la tessitura paziente di un’operazione di ingegneria costituzionale che verrà studiata a lungo in dottrina. Il Presidente ha rammendato con ago e filo la trama della storia del Paese, permettendo alla barca del Governo di salpare, da quando il mondo politico ha aperto la crisi senza riuscire a risolverla.
La composizione del Governo respira con due polmoni: quello piccolo e forte degli 8 ministri tecnici, persone scelte direttamente da Mattarella e Draghi per le loro competenze, e il polmone politico, più grande di ciò che ci si attendeva, composto da 15 ministri dai volti noti che garantiranno l’appoggio politico del Parlamento. Entrano in scena anche nomi nuovi e autorevoli come quello di Marta Cartabia al Ministero della Giustizia e di Enrico Giovannini alle Infrastrutture e trasporti. È stata riconosciuta la qualità del lavoro svolto da ministeri (apparentemente) minori come quello alla Famiglia e alle Pari opportunità di Elena Bonetti e alla Cultura di Dario Franceschini. Sono stati creati anche Ministeri nuovi e attesi come quello all’Ambiente e alla Transizione ecologica guidato da Roberto Cingolani.
Il Presidente uscente Conte ha lasciato Palazzo Chigi accompagnato dall’applauso dei dipendenti ed ora il ritorno della bonaccia dopo la burrasca può far guardare con più lucidità l’orizzonte. La stagione del sovranismo e del nazionalismo ha esaurito la forza delle sue parole e delle sue proposte; i leader che parlavano di antieuropeismo il mese scorso hanno dovuto “cambiare” posizione in fretta e diventare europeisti in poco tempo. L’onda d’urto della caduta dell’amministrazione Trump sta accelerando la scomposizione e riscrivendo le alleanze interne di forze politiche come la Lega e il M5S. Esponenti come Giorgetti, Garavaglia e Stefani aiuteranno a costruire un centrodestra europeo: rappresentano una parte del Nord produttivo e sono sostenuti dalla fascia degli amministratori leghisti moderati, quelli omogenei al PPE. Anche il M5S dovrà chiarire il rapporto tra democrazia rappresentativa e democrazia diretta coordinata dalla piattaforma privata di Rousseau. Il Pd invece deve rispondere alla domanda su cosa significhi oggi essere forza riformatrice e democratica legata ai socialisti europei.
Ma il dato politico a cui guardare è la necessità di far nascere una nuova stagione costituente che ripensi regole, riforme, parole nuove e orizzonti verso cui portare il Paese. Il paradigma culturale di riferimento è nel significato antropologico di “economia integrale” e di “transizione ecologica”, entrambi concetti che la Chiesa ha il merito di avere anticipato nel 2015 con l’Enciclica Laudato si’ rispetto alle agende dei governi. Ritornando a questo testo la politica può riscoprire un metodo e un approccio nuovo non limitato all’ecologismo verde, ma aperto a tutte le dimensioni antropologiche dell’esperienza umana.
Da anni la Chiesa sta proponendo una “conversione ecologica” che tocca stili, comportamenti e scelte dal punto di vista etico-sociale ed educativo per arginare il paradigma tecno-economico-finanziario che ha fallito. Per la politica investire sull’ecologia integrale significa tenere insieme tre aspetti:
- il tema dell’ecologia delle istituzioni perché, scrive Francesco, «se tutto è in relazione, anche lo stato di salute delle istituzioni di una società comporta conseguenze per l’ambiente e per la qualità della vita umana: “Ogni lesione della solidarietà e dell’amicizia civica provoca danni ambientali”» (LS n.142).
- la consapevolezza che se davvero tutto è connesso, come ha dimostrato questa pandemia, «l’analisi dei problemi ambientali è inseparabile dall’analisi dei contesti umani, familiari, lavorativi, urbani, e dalla relazione di ciascuna persona con sé stessa» (LS n. 141).
- La politica è chiamata a prendere atto che «non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale». L’antidoto dell’ecologia integrale «è inseparabile dalla nozione di bene comune». Per questo il Papa chiede di impegnarsi per il bene comune che significa fare scelte solidali sulla base di «una opzione preferenziale per i più poveri».
Come in ogni sfida occorre lasciare il vecchio per il nuovo e farlo con la forza della “spiritualità ambientale”: un modo di vivere e di stare nel mondo in cui, prima di essere competitori, siamo prossimi. Per la Chiesa creare lavoro e lottare contro la povertà significa conciliare sostenibilità ambientale e valore economico: «la bioeconomia supera il “paradigma lineare” di produzione (materia prima, prodotto finito, rifiuti da smaltire nell’ambiente) per adottare un “paradigma di economia circolare”» (LS n. 20). Se la politica seguisse questo paradigma sceglierebbe il modo concreto per rispondere ai giovani che gridano con i loro slogan: «Non esiste un pianeta B». È in gioco il futuro di tutti.
La “transizione ecologica” inizia dai nostri comportamenti come l’essere attenti agli sprechi di acqua, all’uso della plastica, agli investimenti sostenibili e così via. Ma anche investire sulla qualità delle relazioni per impedire che il distanziamento fisico diventi lontananza sociale e spirituale. C’è bisogno di gesti, di testimonianze sobrie e di sostanza, ma anche di coerenza. È da qui che nascono “politiche sostenibili” basate su quattro pilastri: 1. l’economia circolare e la bioeconomia; 2. la digitalizzazione e la dematerializzazione (che contiene ma non si limita alle pratiche di smart working); 3. le politiche che favoriscono l’efficientamento energetico di aspetti fondamentali del nostro vivere sociale (la mobilità urbana, l’edilizia, le modalità di produzione industriale e agricola); 4. l’investimento sulle persone (in termini di consapevolezza e di competenze) e sulla qualità del capitale sociale (sussidiarietà e beni comuni).
Mario Draghi questi testi li conosce, li ha commentati e nutrono la sua visione di economia e di sovranità in un mondo interconnesso (che qui segnaliamo in questi due importanti scritti [1]). Questa circolarità di sogni, di speranza, di nuove parole e visione porterà a rifondare lo stato sociale, oggi provato dall’emergenza sanitaria, educativa e del lavoro. Lo chiede anche la Costituzione attraverso i principi di solidarietà e di uguaglianza. Ritrovarsi intorno a questi valori che fondano l’Europa può aiutare a fare scelte radicali e per tutti. Un esempio è l’iniziativa di liberalizzare il vaccino senza rimanere intrappolati nella legge sui brevetti, attraverso la quale poche case farmaceutiche, dopo aver già ricevuto i soldi pubblici per la ricerca e la produzione, si arricchiscono ulteriormente. Solo forti spinte ideali e di valore cambiano la realtà: «Ci sono persone che lo fanno e diventano stelle in mezzo all’oscurità» (Fratelli tutti, n.222).
[1] Per approfondire si veda M. Draghi, “La sovranità in un modo organizzato” e “Affrontiamo una guerra contro il Coronavirus e dobbiamo mobilitarci di conseguenza”.