Stefano Cao è un ingegnere e dirigente d’azienda italiano, con una carriera maturata nel settore dell’energia e delle infrastrutture. Presidente di Gas Plus dal settembre 2021, recentemente nominato Amministratore Delegato di DRI D’Italia S.p.A. Dall’aprile 2015 all’aprile 2021 è stato Amministratore Delegato – Chief Executive Officer di Saipem S.p.A. 

Secondo Lei l’obiettivo dell’indipendenza energetica europea è raggiungibile in una prospettiva di breve periodo? In che modo può realisticamente pensare lo sviluppo di tecniche di produzione da fonti rinnovabili?

Il raggiungimento dell’indipendenza energetica europea, intesa come capacità di produrre all’interno dei confini comunitari tutto il necessario fabbisogno energetico comunitario, è sicuramente irrealistico se non si affronta senza ideologismi il tema della produzione interna soprattutto di gas naturale. Pensi che l’intero bacino mediterraneo, compreso il nostro Adriatico, è un enorme reservoire di metano. Il tema, semmai, è quello di garantire la sicurezza energetica continentale attraverso una diversificazione delle fonti di approvvigionamento per quel che riguarda il gas naturale e un aumento della produzione di energia da fonti rinnovabili, anche attraverso lo sviluppo di tecniche di microgenerazione diffusa nei settori del fotovoltaico, dell’eolico e anche della geotermia.

Diseguaglianze sociali e povertà energetica: un nesso che oggi si fa evidente in tutta la sua drammaticità. La strada del potenziamento della solidarietà europea è accidentale o si riuscirà a proseguire (su quella strada)?

Le politiche comuni e condivise messe in atto dall’Unione Europea a seguito della crisi pandemica e di quella economica globale mostrano la strada attraverso la quale dare risposte strutturali a problemi giganteschi, quali il disagio sociale. Anche in questo caso occorre valutare in modo obiettivo e non demagogico quelle che sono le opportunità di far parte di una comunità europea integrata che possa sussidiare le singole realtà regionali.

Che innovazioni sociali sogna per far crescere il Paese anche nelle grandi infrastrutture? Pensa che le capacità e le aspirazioni dei lavoratori siano risorse efficacemente impiegate nel nostro Paese?

Uno dei principali problemi che affliggono l’Italia è relativo al fatto che molte delle energie e delle risorse economiche e umane rimangano imbrigliate in una burocrazia spesso soffocante. Ciò si nota con particolare evidenza nel settore delle grandi infrastrutture destinate alla mobilità sostenibile, all’approvvigionamento energetico, al waste management e all’edilizia scolastica e sanitaria. È naturale, in un quadro del genere, che molte competenze e professionalità soprattutto acquisite dai nostri giovani risultino frustrate con la conseguenza della “fuga” verso realtà più aperte e proattive.

Chiamato alla guida dell’Agip per procederne alla liquidazione, Mattei ha continuato le attività esplorative in Italia e da lì ha fatto grande l’Eni. Si è mai chiesto che qualità abbiano umanamente guidato Mattei in una scelta di visione per molti versi rischiosa?

Enrico Mattei, per chi come me è nato professionalmente in Eni e vi ha svolto la maggior parte della propria attività lavorativa, è un punto di riferimento, come pure lo sono stati altri manager visionari, penso fra gli altri ad Adriano Olivetti. La determinazione, la convinzione profonda di lavorare per il bene della collettività, la voglia di creare valore sostenibile per la propria Nazione e la coscienza sociale sono le maggiori qualità che riconosco ad Enrico Mattei. Voglio peraltro sottolineare che l’azione di Enrico Mattei non va ridotta solo allo sviluppo delle attività tese a fornire energia all’Italia, peraltro energia a basso costo, e alla creazione di un colosso internazionale qual è Eni, ma a tutte le conseguenze che tale azione ha prodotto: la creazione di un’imponente filiera industriale nazionale dedicata ai servizi per l’Oil&Gas; il sostegno alla ripresa e al consolidamento delle attività manifatturiere italiane; l’incentivazione all’intervento dello Stato nell’economia, un modello che, fatta la tara di alcuni fenomeni degenerativi, ha prodotto aziende di successo.

Nella sua esperienza manageriale c’è un elemento umano che le ha consentito di superare situazioni di ostacolo a progetti che doveva realizzare?

Faccio sempre fatica a parlare di me e delle mie esperienze personali temendo di cadere nella retorica dell’ego. Sicuramente in tutte le decisioni difficili che sono stato chiamato a prendere mi sono sempre posto e imposto di valutare la sostenibilità economica, sociale, ambientale ed etica della scelta che andavo ad assumereLa creazione di valore deve riguardare non solo alcuni stakeholder ma un ecosistema più vasto fatto di territori, delle catene di forniture, degli impatti ambientali e, soprattutto, del rispetto delle generazioni future. Mi chiedeva un elemento umano su cui ho fondato le decisioni difficili: l’ascolto attivo dei miei colleghi e la condivisione delle decisioni. Non sono mai stato e non sarò mai “l’uomo solo in testa”.