Il Natale che celebriamo quest’anno ci trova in stato di guerra, al margine di una situazione drammatica dove si continua a uccidere. Sentiamo il pericolo bussare alle nostre porte e le conseguenze dei conflitti e della crisi climatica graverà soprattutto sulle parti più deboli della popolazione e delle giovani generazioni che crescono.

Aprirci al mistero del Natale rimane per tutti una provocazione, anche quando la drammaticità dell’evento la addolciamo e la decontestualizziamo dalla storia. Eppure, è noto a tutti – dalle fonti dei Vangeli e degli storici di Roma – che Gesù nasce in un territorio occupato da Roma, da genitori peregrinanti, costretto alla fuga in un altro Stato, l’Egitto. La Palestina, infatti, era governata da Erode, un dittatore sanguinario, che farà una strage di bambini quando si rende conto che il suo potere era in pericolo.

Ritornare al senso teologico del Natale ci può aiutare a capire cosa viviamo ma soprattutto “chi” adoriamo.

“Ecco il cristianesimo, amico mio, il centro e il nodo, l’asse e il fulcro, l’articolazione maestra del cristianesimo. Un uomo-Dio, un Dio-uomo”. Péguy descrive così il mistero del Natale in una sua opera, Il dialogo della storia. Aggiunge: “Amico mio, se egli [il Verbo] non avesse avuto questo corpo, se fosse rimasto spirito puro, se si fosse fatto angelo, se non fosse fatto […] come noi, come i nostri, tra noi, se non avesse sofferto la morte carnale, tutto crollerebbe amico mio, tutto il sistema crollerebbe; tutto il cristianesimo crollerebbe, poiché egli non sarebbe pienamente uomo”.

Scrivendo ad un amico Péguy ricorda il senso teologico del Natale che ha la sua radice latina in ciò che è natum, “generato”. Così gli aggettivi natale(m) e nataliciu(m) significano “ciò che riguarda la nascita”. Per il cristiano il Natale è la Parola che si riveste di carne, ma anche un frammento di Logos in ogni carne, l’essenza del Creatore in ogni creatura. Così l’incarnazione è un “movimento infinito” di Dio verso il basso e una “immersione” profonda nella nostra umanità.

È ciò che i giudei e i greci non potevano accettare di Dio: “Non è venuto per tagliarsi fuori, per ritirarsi dal mondo. È venuto per salvare il mondo. È un metodo tutto diverso. Capisci, (amico mio), se avesse voluto ritirarsi, essere separato dal mondo, doveva soltanto non venirci, nel mondo. Semplice, no?”. Se dunque Dio ha scelto di entrare nel mondo, allora tutte le realtà temporali diventano sacre: la terra, il pane, il vino, l’amicizia, il paese, il lavoro, l’amore, persino il dolore e la morte. Ecco lo scandalo: l’incarnazione di Dio, porta l’eterno nel tempo.

Se è davvero così (almeno) i credenti sono chiamati ad assumersi precisi impegni di vita. Due in particolare. Lo scrivevamo in un editoriale della Civiltà Cattolica: “Il primo riguarda la volontà di respingere la tentazione sia materialistica, che nega l’eterno nel tempo, sia spiritualistica, che nega il temporale nell’eterno (…). La tentazione materialista fa presa sulle persone grossolane e superficiali, quella spiritualistica seduce le anime che si alimentano di spiritualismi, idealismi, immaterialismi, religiosismi panteismi, filosofismi”. Per credere nell’uomo-Dio occorre superare entrambe le posizioni.

Il secondo impegno è quello di vivere il Natale come prolungamento dell’incarnazione in noi, impegnarci nel tempo, senza dimenticarci dell’eterno perché “Se mille volte nascesse Cristo a Betlemme / ma non in te: sei perduto per sempre”, scriveva Silesius.

Gesù rinasce nel cuore se si sceglie la pace. In quel momento «regnava la pace» è scritto nel Vangelo di Luca. C’è bisogno di pace. C’era pace nel cuore di Maria e nel cuore obbediente di Giuseppe per permettere al Verbo di rivestirsi di carne. È attraverso la pace la Vita si trasmette, il presepe si anima, i progetti decollano, la dignità è difesa.

Ma c’è di più, Alda Merini ha descritto in un suo verso un gesto struggente del Natale: “Un mitico bambino che viene qui nel mondo e allarga le braccia per il nostro dolore”. Davanti al Vivente, che nascendo “allarga le braccia per il nostro dolore” e anticipa col suo gesto la croce, sono solo due le scelte possibili: stare dalla parte della Vita o stare da quella della morte. Occorre scegliere mille volte al giorno perché sia Natale. Dalla parte della Vita che non ha paura di pagare il prezzo dell’amore che si chiama morte.

Colpisce il mega store “Merry Christmas” aperto nel cuore di Roma in cui tra i mille gadget non c’è nessuna traccia di Gesù, di Maria e nemmeno di Guseppe. Solo Babbo Natale e tanti altri simboli svuotati di significato. Una dolcezza commerciale che aliena e allontana dalla storia contemporanea.
Invece a Natale siamo chiamati a fare regali con la stessa logica di Dio. Donare, per donarsi. Da questo dono immenso di Dio che dona il Figlio, nascono i regali che sono doni nel Dono. È nel donatore che vive il regalo, non nel consumo che ci consuma. Un bambino può avere la casa piena di giochi ed essere triste perché è solo, può averne pochi ed essere contento perché gioca con il suo donatore.

Anche Comunità di Connessioni cerca, nel suo piccolo, di restituire come dono quello che ha ricevuto dal senso del Natale: la condivisione, la partecipazione, la comunione, il dono e il servizio. Lo facciamo con gli strumenti “fragili” della formazione e della cultura, dell’approfondimento culturale e della comunità.

Nell’anno che verrà investiremo le nostre energie sul tema della Fraternità. Lo faremo in vari modi, con la pubblicazione di un volume “Democrazia. La sfida della fraternità”, negli incontri di #formpol coordinati da Luigi e Giulia nella Chiesa del Gesù che inizieranno il 20 gennaio con il cardinale Gianfranco Ravasi, attraverso la formazione permanente mensile coordinata da Giuseppe, Martina e Marco e nella nostra testata che nel frattempo da vissuto un avvicendamento. Il testimone del prezioso lavoro di Francesca, Tommaso e Gianluca è passato ad Arturo, Paolo, Arianna, Giovanni, Alessandra, Francesco, Vincenzo, Leonnel, Alessandro, Martina e Melania.

Anche a nome di Ciro Cafiero, presidente dell’associazione di Comunità di Connessioni, auguriamo Buon Natale a tutti gli amici che ci accompagnano e sostengono con le parole e la musica di O Holy night:

O Notte Santa
Le stelle stanno splendendo brillantemente
È la notte della nascita del nostro caro Salvatore