«Il bene comune è uno sguardo che abbiamo della nostra società. Uno sguardo dedito al servizio nei confronti del nostro presente. Uno sguardo che non può prescindere dall’ascolto dell’altro». Così ha esordito Antonio Decaro, sindaco di Bari e presidente dell’ANCI, alla tavola rotonda Qui si fa l’Europa, promossa dalla FUCI (Federazione Universitaria Cattolica Italiana) e dall’Azione Cattolica Italiana (settore giovani e Movimento Studenti di Azione Cattolica) nell’ambito dell’evento Orizzonte Comune. Tracciare rotte coraggiose, tenutosi a Frascati il 10-12 novembre2023. Sempre secondo Decaro, l’Unione Europea, anche attraverso il Next generation EU, ha teso una mano e indicato in modo diretto un modello concreto per realizzare comunità che promuovano la dimensione relazionale umana delle persone che le compongono. A maggior ragione, interrogato sulla ricaduta che la politica europea ha sui nostri territori a partire dalla sua esperienza, ci invita a riconoscere che «la politica serve a creare relazioni, legami, che è la cosa più preziosa che abbiamo». Come esempio, porta l’impegno della sua città di essere sempre più europea, con l’investimento sull’Università per il bene del territorio locale e comunitario, affinché «partire per studiare al nord o all’estero sia davvero una scelta, non una necessità». E perché analogamente giovani studenti talentuosi da tutta Europa possano decidere di venire a studiare, vivere, lavorare a Bari.

Il ruolo chiave della libertà di movimento delle persone per la costruzione dell’UE è stato sottolineato anche da Federica Celestini Campanari, commissario straordinario AIG (Agenzia Italiana per la Gioventù). L’effetto delle politiche giovanili, che offrono innumerevoli opportunità di scambio per studio, tirocinio, servizio civile o altro è quello di alimentare un comune “sentire europeo”. L’Unione europea forse non avrà ancora le strutture istituzionali per rafforzare la sinergia dal punto di vista politico – in questo periodo vediamo soprattutto la frammentazione in materia diplomatica e di politica estera – ma è una comunità di cittadini accomunati da molto di più di ciò di cui siamo mediamente consapevoli, mentre è molto evidente per chi ci guarda dall’esterno.

Il modello europeo, infatti, con l’obiettivo di garantire insieme la tutela della libertà dei cittadini e la ricerca della solidarietà sociale e uguaglianza, è un riferimento esemplare per altri organismi statali e sovranazionali per molti aspetti (ad esempio, la recente normativa GDPR sulla privacy). Come testimonia Brando Benifei raccontando il suo lavoro come eurodeputato: «l’assetto valoriale dell’UE porta a scelte fondate sui diritti dell’uomo come ispirazione». Purtroppo, c’è una narrativa che fa percepire l’Europa distante dall’Italia, come se fosse altrove. Invece, la qualità di tanti aspetti della nostra vita, da quella del cibo a quella dell’aria che respiriamo, dipende direttamente dalle normative europee, a tutela della nostra salute. Anche Michele D’Avino, segretario comunale di Follonica, ha sottolineato come anche nei contesti più piccoli si può riconoscere la preziosità di essere cittadini comunitari perché l’appartenenza all’UE ci offre possibilità che favoriscono lo sviluppo locale (ad esempio, nella riqualificazione del territorio, e nella valorizzazione di attività culturali, sociali e formative): «comunità e comune condividono la radice etimologica “munus” (dono, compito)», ha indicato, insistendo sulla vicinanza tra la più piccola e più grande delle istituzioni in cui un cittadino italiano rientra direttamente: «Il comune è il luogo in cui mettiamo insieme il dono di far parte della comunità, e il compito di restituirle il dono che ci è dato».

Come aggregazioni laicali abbiamo voluto mettere al centro la comune appartenenza all’Unione Europea e l’impegno condiviso nel quotidiano dei territori in cui ciascuno abita e opera, con le specificità delle proposte formative e degli ambienti (scuola, università, chiesa e società) in cui si esplica la nostra missione. Il nostro desiderio è proprio di continuare a camminare insieme, capendo passo per passo a cosa siamo chiamati. Anche questo è un modo per inserirci nel percorso sinodale della Chiesa.

Nel corso dell’evento, rifacendoci ai cinque pilastri di Next Generation Eu, abbiamo lavorato per capire cosa vuol dire e come rendere le nostre comunità più sane, più forti, più egualitarie, più digitali e più verdi. è stata preziosa la partecipazione di alcuni amministratori locali, di varie parti d’Italia, che hanno voluto mettersi in dialogo con i giovani e diminuire così la distanza generazionale che rischia di far polarizzare le visioni, troppo spesso a discapito dei giovani.

Il futuro si costruisce nel presente, e noi non vogliamo stare ad aspettare di crescere per riconoscere quanto è importante esserne parte, né di rischiare di perdere la possibilità di partecipare attivamente nella cosa pubblica per riconoscere quanto sia prezioso poterlo fare. «Oggi guardiamo direttamente alla comunità civile, di cui facciamo parte – ha esordito Lorenzo Zardi, vicepresidente del settore giovani di AC. I giovani chiedono di essere parte della costruzione di un “’noi’ più grande” come ci invitava a fare anche papa Francesco. «Siamo connessi, ciascuno di noi può fare la differenza, insieme agli altri», è l’invito di Carmen Di Donato, presidente femminile FUCI, nelle conclusioni. Per noi i luoghi da vivere con l’orizzonte aperto al futuro, in cui tracciare rotte di bene comune, oggi, sono proprio la scuola e l’università. Come ben ha esemplificato Ludovica Mangiapanelli, vicesegretaria MSAC: «i nostri compagni di banco, i professori, i dirigenti scolastici sono i nostri compagni di bene comune». Lo stesso vale per i membri della FUCI per quanto riguarda l’Università. Con questo “cantiere” rispondiamo alla necessità che ci consegna la nostra società di guardare i fenomeni nel complesso e non procedere a compartimenti stagni. Questa iniziativa è anzitutto un’alleanza tra giovani per guardare alle realtà che viviamo, i nostri territori, i nostri studi e lavori come luogo in cui costruire con creatività. Ci ricordiamo di appartenere a una comunità e la comunità è quasi sempre la risposta alle necessità del singolo e della società. Il nostro obiettivo è che i giovani, nella scuola, nell’università e nella vita, maturino uno stile di cura e di ricerca come strumento per vivere pienamente la propria vocazione. Imparare a spendersi, vivere lo studio e la formazione come un servizio per il bene dell’altro.