Come il magma che ribolle impercettibile in una faglia, il quadro politico-istituzionale, nonostante la quasi sospensione del dibattito generale, è in lento movimento. Gli attori politici sono in un atteggiamento di attesa. I nodi atavici del sistema italiano emergono con più evidenza e, proprio come nelle eruzioni, potrebbero determinarsi soluzioni improvvise. Quali sono i fattori che caratterizzano questo periodo?

Il primo sono i movimenti internazionali. In Russia la situazione si è surriscaldata all’improvviso, al punto che una destabilizzazione del regime putiniano sembra possibile. Il successo o fallimento degli obiettivi dei mercenari della Wagner potrebbe determinare implicazioni di scala globale nella politica estera europea e statunitense. Le tensioni europee, e nazionali, tra i sostenitori dell’intervento in Ucraina, gli avversari delle sanzioni economiche alla Russia ed anche i latenti sostenitori dell’invasione, potrebbero svoltare verso un nuovo, definitivo, equilibrio.

Il secondo riguarda le dinamiche più marcatamente istituzionali, cioè relative non ai partiti, ma a chi interpreta i poteri dello Stato. Il Governo, in quanto tale, ricorre al decreto-legge, un provvedimento che ha efficacia per 60 giorni, come strumento per definire le sue politiche. Il Parlamento poi interviene solo in un secondo momento, per trasformare i decreti-legge in legge ordinaria, stabilizzandoli nel tempo. Tuttavia, il numero di decreti (emanati dal Governo) è tale che il Parlamento non riesce più a condurre una autonoma legislazione, riducendosi ad apparato “certificatore” dell’attività del Governo, o intervenendo solo con modifiche avulse e corporative. Per esempio, la Corte costituzionale, organo chiamato a stabilire se le leggi sono conformi alla Costituzione e, in caso contrario, ad ‘annullarle’, ha deciso, con sentenza n. 130 del 2023, che la dilazione della corresponsione del Trattamento di fine servizio (il trattamento di fine rapporto dei dipendenti pubblici) “contrasta con il principio costituzionale della giusta retribuzione, di cui tali prestazioni costituiscono una componente; principio che si sostanzia non solo nella congruità dell’ammontare corrisposto, ma anche nella tempestività della erogazione”. Si tratta di una decisione che comporta l’onere per il Governo di lavorare ad una riforma non prevista, ma centrale. Inoltre, il tema della retribuzione, e di una corretta fiscalità, sono sempre più urgenti, ma nessuna classe politica sembra essere in grado di affrontare questi temi. La magistratura ordinaria, da parte sua, osserva con apprensione l’ennesimo tentativo di riordino dei rapporti interistituzionali con il circuito politico-rappresentativo, alla prova della (piccola) riforma della  Giustizia proposta dal ministro Nordio.

Il terzo, infine, attiene alle questioni più strettamente connesse al sistema dei partiti. I partiti sono le uniche associazioni di cittadini che la Costituzione abilita ad animare le istituzioni dello Stato. I partiti italiani sono sempre più coinvolti con le dinamiche politiche europee, e questo è un bene; ma questo implica anche che le tensioni politiche e il confronto interno avvengano con uno sguardo agli assetti europei.

L’Italia è da tempo una comunità in campagna elettorale permanente, dove le forze politiche faticano a legittimarsi reciprocamente e restano in uno stato di polemica e agitazione. Dopo le elezioni di ottobre 2022, siamo infatti proiettati verso le elezioni europee 2024, che il Parlamento europeo stesso vorrebbe trasformare, per la prima volta, in un’unica vera e propria elezione continentale e non la somma di 27 procedure nazionali. In questa ottica, il leader dei Conservatori europei, capo del governo italiano, Meloni, e il leader dei Liberali europei, capo del governo francese, Macron, si sono scontrati e poi incontrati sul tema dell’immigrazione in Europa. Sempre con questo criterio si possono leggere le conseguenze della morte di Berlusconi. Una immediata evaporazione di Forza Italia, con conseguente crisi di governo, è improbabile. Tuttavia, le elezioni europee, che si terranno con il sistema proporzionale, favoriscono l’emersione delle identità dei singoli partiti di una coalizione: si tratta di una prova per la “nuova” Forza Italia, chiamata a ridefinirsi sempre nel Partito popolare europeo, ma senza smarcarsi troppo dalla leadership conservatrice. Le diverse componenti del partito della famiglia Berlusconi potrebbero decidere, prima o dopo le elezioni del ’24, di scegliere una identità comune, oppure di scomporsi tra più conservatori, liberali o riformisti. L’unico partito italiano di una certa consistenza aderente al PPE, infatti, potrebbe giocare un ruolo decisivo nella costruzione politica della prossima Commissione europea.

Nel campo progressista, con il “terzo polo” non consolidatosi in partito o area credibile e stabile di rappresentanza del riformismo, la situazione è incerta e fluida. La leadership del Partito Democratico ha favorito ingressi da sinistra e fuoriuscite o polemiche dell’area cattolico-riformista. Nonostante vi siano prove di sinergia tra Schlein e Conte, sembrano non esserci molti margini di “fronte comune”, sempre per ragioni di collocamento politico e culturale europeo.

Il Governo, in ogni caso, rischia tensioni ancora su un provvedimento di matrice europea, la ratifica della modifica del Meccanismo Europeo di Stabilità del 2021 che, da strumento di assistenza agli Stati, si potrà usare anche per le crisi del credito. Una trasformazione nevralgica per completare l’Unione bancaria, anche perché si prevede che il Mes possa mediare tra Stati e investitori privati in ipotesi di ristrutturazione del debito. Insieme al PNRR questa operazione è tra le più importanti per l’Italia, e il Governo fatica ad esprimere una regia chiara.

Speriamo che i mesi estivi portino consiglio, in vista di un autunno forse ancora più caldo di questa “lunga estate caldissima”.