Sin dalla prima consultazione elettorale del 1948 la nostra democrazia è stata segnata da una forte contrapposizione tra blocchi politici che corrispondevano a idee opposte di Stato e di futuro. La Democrazia Cristiana ha avuto la responsabilità del governo del Paese e ha presto sentito la necessità di coinvolgere le altre forze politiche nelle dinamiche di gestione dello Stato.

I decenni successivi hanno rappresentato una fase difficile per la stabilità delle istituzioni, ma l’obiettivo di coinvolgere tutti i partiti, con la prospettiva dell’alternanza di governo, è stata la visione più lungimirante per costruire una democrazia vera e libera da impedimenti interni e condizionamenti esteri.

Per creare un futuro di pace tra le nazioni che si erano combattute in un conflitto mondiale pochi decenni prima, le fragili democrazie sono riuscite a costruire un “contenitore economico e politico” più vasto, chiamato Europa.

Oggi ci troviamo in una dinamica simile, mentre la mancanza di consenso e di partecipazione fiaccano le istituzioni e la visione di Europa ha perso il suo slancio iniziale di salvaguardia di pace e benessere comuni. Per continuare a rispondere con lo stesso spirito di condivisione volto a sostenere il peso di responsabilità nella gestione del governo e per mantenere la barra dritta della democrazia contro gli estremismi autoritari e autarchici è necessario costruire una rappresentanza politica dell’intero arco costituzionale.

L’Italia ha vissuto numerose fasi di transizione politica e istituzionale, specialmente a seguito della caduta del muro di Berlino e dopo Tangentopoli, tant’è che nell’XI Legislatura è iniziata la cosiddetta Seconda Repubblica. La scomparsa della Democrazia Cristiana, trasformatasi in partito di governo, ha determinato la nascita di due coalizioni coagulate intorno al riformismo e al liberalismo. In ciascun aggregato politico la componente centrista ha cercato di garantire la continuità con l’esperienza politica precedente. Seppure con evidenti problemi di stabilità, specialmente nelle coalizioni riformiste, dalla XII alla XVII Legislatura c’è stata un’effettiva alternanza di governo, che ha visto il susseguirsi di governi politici e tecnici con l’appoggio di partiti prima contrapposti alle urne.

È persino avvenuto il cambio di maggioranza/coalizione all’interno di una legislatura, con il supporto di interi partiti o singoli parlamentari, eletti con il sistema maggioritario. Per questo motivo, quella che è una prerogativa propria dei deputati, agli occhi dei cittadini è divenuta una sorta di tradimento, chiamato per questo “ribaltone”, del mandato elettorale. Nel frattempo, i partiti esistenti hanno continuato a perdere presa tra gli elettori e c’è stato un costante abbassamento della partecipazione democratica, che non si è ancora arrestato. La crisi dei partiti si è pian piano trasformata nella crisi della democrazia rappresentativa.

La testimonianza di questo scollamento è la mancanza di riferimenti politici stabili. I flussi elettorali manifestano una forte mobilità: basti pensare che alle elezioni europee del 2014 il Partito Democratico di Renzi ha superato il 40%, nelle elezioni politiche del 2018 il Movimento 5 Stelle di Grillo e Di Maio supera il 30%, nelle europee del 2019 la Lega sfiora il 40 % dei consensi e nelle politiche del 2022 Fratelli d’Italia si attesta sopra il 25% dei consensi, portando la coalizione del centrodestra a superare il 43% e ottenendo una maggioranza stabile di deputati e senatori.

La mancanza di riferimenti e di partecipazione ha favorito il populismo, che si è manifestato con la promessa di facile accesso alle stanze dei bottoni per tutti coloro i quali ne erano prima esclusi, e la democrazia diretta è stato lo strumento di accesso di forze “anti-sistema” all’interno della rappresentanza parlamentare.

Così sono rapidamente cambiate le coalizioni costruite all’inizio della Seconda Repubblica. Il centrodestra è riuscito a mantenere la propria coesione politica persino nella XVIII Legislatura, nonostante ciascun partito abbia fatto scelte diverse nella partecipazione di tutti i governi: la Lega ha fatto parte del Governo Conte I e del Governo Draghi, Forza Italia ha sostenuto solo il governo Draghi, mentre Fratelli d’Italia non ha partecipato a nessun governo.

Nel centrosinistra l’aspirazione maggioritaria ha spinto le forze politiche riformiste, cattolico-democratiche, socialiste e verdi a trasformare nel 2007 la coalizione dell’Ulivo nel Partito Democratico. Con alterne vicende elettorali il PD ha cristallizzato le componenti che l’hanno fondato.

Nel tempo le identità costitutive hanno assunto ruoli politici sempre più marginali e gli elementi caratterizzanti le diverse sensibilità, che in coalizione erano espressi con soluzioni comuni destinate ad un elettorato ampio, sono stati definiti con la logica della maggioranza interna, e, quindi, con posizioni politiche che appaiono meno condivise e sempre più radicali.

Nella sua solitudine maggioritaria il Partito Democratico non riesce più a costruire una coalizione stabile su programmi e visione di futuro. Con la nuova segreteria di Elly Schlein ha riassorbito le componenti fuoriuscite a sinistra, ma non ha più lo slancio per aggregare le forze cattolico-democratiche, verdi e socialiste.

Inoltre, appare come unica prospettiva possibile l’alleanza con il Movimento 5 Stelle, il quale, da parte sua, non intende impegnarsi in una coalizione stabile, mentre nella gestione politica nazionale e locale sembra più attento a cannibalizzare ed erodere consenso al PD.

È da registrare che la scelta maggioritaria, non supportata da un sistema elettorale totalmente maggioritario, penalizza la mancanza di una coalizione politica stabile, con risvolti anche sui livelli regionali e territoriali in cui il centrosinistra era stabilmente al governo, creando un problema di rappresentanza e di ricambio della classe dirigente.

Nel frattempo, la coalizione di centrodestra, guidata da Giorgia Meloni, appare coesa e capace di rimanere al governo, nonostante scossoni legati all’esposizione mediatica e giudiziaria di singoli rappresentanti politici del centrodestra, e con l’incognita dei moderati di Forza Italia, orfani di Silvio Berlusconi, che potrebbero divenire preda del centrismo renziano. La sfida di coalizione nel governo si gioca sugli equilibri tra Fratelli d’Italia e la Lega di Matteo Salvini, e sul rispetto degli impegni economici internazionali.

In questo quadro politico frammentato, ma apparentemente stabile, è necessario continuare a garantire l’alternanza di governo nel rispetto della democrazia e favorire la partecipazione di tutte le forze rappresentative.

Per l’area riformista una possibilità aggregativa sembrerebbe passare dallo “sblocco” del Partito Democratico, che oggi appare un partito in stallo. La trasformazione di questo soggetto politico in coalizione potrebbe riattivare idee e soggetti sullo schema dell’Ulivo, coinvolgendo anche il campo moderato in cui il progetto del Terzo Polo sembra essere già naufragato?

Una possibile alternativa potrebbe giungere dalla costruzione di nuove forze rappresentative esterne all’attuale panorama partitico e parlamentare, sul modello della “stagione dei sindaci”. Ma questa prospettiva non sembra una soluzione percorribile in breve tempo, mancando un collante politico attorno a cui aggregare soggetti e persone su idee e strategie di governo condivise.

In questo scenario, l’unica prospettiva di realtà capace di divenire nuovamente un sogno da perseguire insieme, per mantenere la pace e la stabilità e per favorire la partecipazione delle nuove generazioni alla costruzione del futuro politico del nostro Paese, rimane lEuropa. Unita e solidale.