Dai tempi del Patto di Bretton Woods, era il 1944, ad oggi, mai come adesso l’Unione Europea era stata al centro del dibattito pubblico. Certo, l’UE ha vissuto molte sfide e di varia natura, e molte in tempi recenti: la crisi economico-finanziaria del 2008, che ha dato spazio alle politiche di austerity, linfa ineguagliabile per i populismi; l’avvento del Covid 19, che ha messo in ginocchio il mondo intero, Europa compresa; e ancora, la guerra in Ucraina, con urgenze a cascata per i Paesi dell’Unione Europea, dal contrasto all’innalzamento dei prezzi dell’energia alla predisposizione di un piano di aiuti al popolo ucraino. Ultimo il Qatargate, lo scandalo che ha colpito il Parlamento europeo e che potrebbe mettere in discussione la credibilità della democrazia in Europa.
La depressione economica e il rallentamento dello sviluppo di politiche efficaci su ambiente e occupazione sono conseguenze fin troppo evidenti. È la risposta positiva del sistema che deve essere analizzata.
Le istituzioni europee hanno dimostrato negli anni di saper reagire alle sfide. La crisi economico-finanziaria del 2008 ha avviato un dialogo interno alle istituzioni e tra gli Stati membri per una riforma della disciplina di bilancio europea, che ha nel trattato di Maastricht del 1991 e nel Patto di stabilità e crescita del 1997 i principali riferimenti normativi. La risposta alla crisi generata dal Covid-19 è stata anch’essa una prova di resilienza e un punto di avanzamento della democrazia europea. Per la prima volta gli Stati membri hanno deciso di rispondere con le istituzioni europee all’emergenza sanitaria, sospendendo le clausole di salvaguardia previste dal sopracitato Patto di Stabilità e dotandosi di un bilancio comune, il Next Generation EU – NGEU.
Quest’ultimo, assieme al Multi Financial Framework – MFF, il bilancio pluriennale dell’UE per il periodo 2021 – 2027, ha permesso l’avvio di politiche ambiziose a favore di un modello di sviluppo sostenibile per la giustizia sociale e della tutela ambientale. Lo scoppio della guerra in Ucraina ha certamente rallentato la ripresa post Covid, ma ha avuto l’onere di portare alla ribalta temi come la difesa e la sicurezza europea, il concetto di sovranità e il collocamento geopolitico del vecchio continente in relazione all’evoluzione degli equilibri tra le potenze mondiali. Tutti questi aspetti sono stati fondamentali per far si che l’Europa non solo superasse le crisi, ma continuasse nel percorso di integrazione sovranazionale.
Veniamo così allo scandalo di corruzione che ha coinvolto anche alcuni membri del Parlamento Europeo. Seppure le indagini siano in fase embrionale, il “Qatargate” potrebbe rappresentare la più dirompente delle crisi che l’Europa sarà chiamata a gestire, e non solo perché è la più recente in ordine di tempo. In questo caso, la crisi viene dall’interno delle istituzioni: la corruzione di un vicepresidente del Parlamento Europeo – Eva Kaili – ma anche il possibile coinvolgimento di assistenti e addetti ai lavori potrebbe destare sfiducia tra i cittadini europei, se non sarà gestita bene dalle istituzioni stesse. Ciò su cui bisogna soffermarsi per ripartire non è il caso di corruzione in sé, che certamente verrà giudicato, ma piuttosto il fatto che le istituzioni europee, e dunque l’Europa tutta, rappresentino un reale centro di interessi e di potere, dai quali è impossibile prescindere e che bisogna difendere e rafforzare.
Nell’aprile del 2021, in occasione di una Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, il Presidente del Parlamento Europeo David Maria Sassoli aveva ribadito la necessità di una “Unione Europea più efficiente, più flessibile, più resiliente e più democratica”, affermando che i valori europei “non sono indistruttibili”. È da qui che bisogna ripartire. Sono necessarie riforme che vadano a incidere sulla costituzione di una identità europea: il conferimento di maggiori poteri al Parlamento Europeo, l’ampliamento delle materie nelle quali il Consiglio è chiamato a esprimersi a maggioranza qualificata e contestualmente la revisione del sistema di voto all’unanimità in alcune materie come quella estera e fiscale. Per ultima, non certo meno rilevante, la riforma, attesa entro il 2024, del Fiscal Compact, su cui poggia il futuro delle regole di bilancio europee, che hanno costituito negli anni la base dell’integrazione politica del vecchio continente.